ACIDO LATTICO E DOLORI DEL GIORNO DOPO: QUAL E’ LA CONNESSIONE?

ACIDO LATTICO E DOLORI DEL GIORNO DOPO: QUAL E’ LA CONNESSIONE?

ACIDO LATTICO, davvero è lui il responsabile dei dolori del giorno dopo?

NO, NON E’ L’ACIDO LATTICO

il colpevole non e’ l’acido lattico, ma allora di chi e’ la colpa?

Ancora nel 2024, è comune sentire persone lamentarsi dei dolori provocati dall’acido lattico nei due o tre giorni successivi all’allenamento.

Con l’articolo di oggi, cercheremo di definire e chiarire innanzitutto cos’è l’acido lattico e a cosa sono dovuti i dolori post-allenamento.

ACIDO LATTICO, COS’E’?

ACIDO LATTICO (in FISIOLOGIA) – Fonte Wikipedia:

” È un ossiacido il cui gruppo carbossilico può dissociarsi in soluzione e liberare un idrogenione (H+). Nell’ambiente endocellulare, a pH fisiologico, l’acido lattico è dissociato per oltre il 99% in due ioni: ione lattato (La-), carico negativamente, e ione idrogeno (H+), carico positivamente. Per questo motivo è più corretto parlare sempre di lattato e ioni idrogeno, piuttosto che di acido lattico. “

Chiaro? Per me NO!!!

Spieghiamo in modo chiaro le funzioni dell’acido lattico durante l’attività fisica.

Il Tessuto Muscolare necessita del Sangue per ottenere l’energia essenziale per le sue funzioni di contrazione e rilassamento. Durante l’esercizio Anaerobico, la fonte principale di energia è il “GLUCOSIO”, mentre nell’esercizio Aerobico sono gli “ACIDI GRASSI”. Questi ultimi, reagendo con l’Ossigeno (O2), producono l’ATP necessario per la contrazione muscolare.

Dieta a Isernia
Dietista e Nutrizionista Valentina Rossi

QUANDO SI FORMA L’ACIDO LATTICO?

La massima produzione di ATP (Adenosina Trifosfato) avviene attraverso vie metaboliche aerobiche come la glicolisi-ciclo dell’acido citrico. Se la cellula dispone di un’adeguata quantità di ossigeno, sia il glucosio sia gli acidi grassi possono essere metabolizzati per ottenere ATP attraverso la fosforazione ossidativa. Quando la richiesta di ossigeno supera la disponibilità, il metabolismo del glucosio segue la via anaerobica. E’ proprio in questo contesto di scarsità di ossigeno nella cellula, che il piruvato (che è il prodotto finale della glicolisi) viene convertito in ACIDO LATTICO ed entra nel ciclo dell’acido citrico. Ed è proprio qui che, mentre ci si allena si iniziano a sentire dolori localizzati al muscolo interessato con conseguente perdita di forza, tanto è vero che, in genere, uno sforzo anaerobico non può essere sostenuto per periodi lunghi. Una volta ultimato lo sforzo, il LATTATO in circolo, viene smaltito dal fegato in piruvato e successivamente, di nuovo, in glucosio che il sangue continuerà ad apportare al Tessuto muscolare.

Questa ESTREMA SEMPLIFICAZIONE è servita per far capire, in una decina di righe che la formazione di ACIDO LATTICO è del tutto momentanea e che quest’ultimo viene a formarsi sostanzialmente perché il nostro organismo è come se andasse in emergenza per la mancanza di ossigeno ed infatti, mentre si è intenti in sforzi del genere si tende ad aumentare il ritmo della respirazione, questo perché il nostro corpo richiede sempre più ossigeno, ma nel contempo espelle Anidrite Carbonica (CO2).

In genere, comunque, il nostro corpo riesce a smaltire la presenza di lattato all’interno dell’organismo nelle successive 2 ore a seguito dell’allenamento.

Compreso, dunque, che il “DOLORE DEL GIORNO DOPO” non è causato dall’ACIDO LATTICO, capiamo ora da cos’è dovuto.

VI PRESENTO I D.O.M.S. – Delayed Onset Muscle Soreness

D.O.M.S. – Dolori Muscolari ad Insorgenza Ritardata.

Svelato il mistero dell’ACIDO LATTICO, parliamo ora dei DOMS e cioè dei dolori muscolari ad insorgenza ritardata, i quali, a seguito di una seduta di allenamento molto intensa, a volte, ci accompagnano per i successivi 2-3 giorni. Ma perché ciò accade?

Per rispondere a questa domanda bisogna analizzare cosa, effettivamente causa i DOMS. Proviamo a pensare quando è stata l’ultima volta che abbiamo provato il dolore “gratificante” di questo fenomeno.

A me verrebbe da dire in uno o più di questi casi:

  • non ci alleniamo da almeno una settimana;
  • aumentiamo i carichi in maniera non graduale;
  • proviamo un nuovo allenamento.

Siete d’accordo? Credo di si!!

Bene, ora proviamo a generalizzare esplicitando questi casi e contestualizzandoli, dunque:

  • non ci alleniamo da almeno una settimana – STIMOLO INFREQUENTE
  • aumentiamo i carichi in maniera non graduale – INTESITA’ DI CARICO ELEVATA;
  • proviamo un nuovo allenamento – MOVIMENTO SCONOSCIUTO (sia dal nostro Sistema Nervoso Centrale e sia dal Sistema Muscolare).

D.O.M.S. E STIMOLO INFREQUENTE.

Un esempio di stimolo infrequente può essere il cambio di schema motorio, cioè se siamo seguendo degli allenamenti per la forza come i 5×5 e variamo con degli schemi 4×10 o 3×12, potremmo avere la comparsa dei DOMS a causa dell’aumento di volume dell’esercizio.

Ma allo stesso tempo, se non ci si allena per un determinato periodo di tempo, che può essere più o meno elevato in base alla preparazione atletica del soggetto, quando si andrà ad effettuare un nuovo allenamento (magari anche non molto pesante) è probabile che i DOMS si ripresenteranno, in quanto l’organismo si sarà “disadattato” ad un determinato schema motorio.

D.O.M.S. causati da INTESITA’ DA MANCATO ADATTAMENTO AL CARICO – INTENSITA’ ELEVATA

Oltre all’aumento di Volume (cioè il totale delle rep) anche uno spropositato aumento del carico non graduale potrebbe portare al verificarsi dei DOMS, in quanto, di nuovo, l’organismo è “disadattato” a tale sforzo, sebbene, in questo caso, conosce lo schema motorio molto bene, ma non è abituato a farlo con un determinato carico.

D.O.M.S. causati da MOVIMENTO SCONOSCIUTO

Questo è il caso più frequente.

Quante volte ci è capitato di provare una nuova disciplina e pur essendo molto allenati nella nostra specialità, il giorno dopo è come se ci fosse passato un treno sopra.
Questo accade perché effettuiamo dei movimenti “nuovi” sia dal punto di vista muscolare ma soprattutto dal punto di vista nervoso, e cioè il nostro Sistema Nervoso Centrale, in quanto vengono prodotti elettroliti (ioni calcio), radicali liberi, reflusso di enzimi, che vanno a sovraeccitare i nocicettori muscolari. I neuroni così aumentano i segnali dolorifici al cervello.

ECCO SVELATO L’ARCANO!!!

Riguardo i D.O.M.S. c’è però un’altra leggenda da palestra, cioè che questi dolori siano causati da microlesioni presenti sul muscolo a seguito dell’allenamento.

Per contestare tale teoria è sufficiente notare che tali dolori spariscono quando iniziamo ad allenarci. Infatti è vero che l’allenamento causa danni al muscolo, ma è anche vero che l’afflusso di sangue ai muscoli, proprio dell’allenamento, porterà via i cataboliti che sovraccaricano i nocicettori muscolari.

D.O.M.S. E CORRETTO ALLENAMENTO

Anche se il dolore è “gratificante”, i D.O.M.S. non sono affatto correlati a un buon allenamento o alla crescita muscolare!

Un soggetto/atleta cresce solo e soltanto se migliora i parametri allenanti, quali;

  • VOLUME;
  • INTENSITA’;
  • DENSITA’.

ma soprattutto li varia progressivamente, aumentando i carichi ed il volume, diminuendo la densità.

Su tale argomento consiglio la lettura degli articoli:

Slide presa da : https://www.projectinvictus.it/doms/

Fonti:

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valentina.rossi91.dietista@gmail.com

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IPERTROFIA MUSCOLARE: PROGRAMMARE L’ ALLENAMENTO

IPERTROFIA MUSCOLARE: PROGRAMMARE L’ ALLENAMENTO

Cos’è l’ipertrofia muscolare?

L’espressione di forza è data da diversi fattori: tra questi, la dimensione del muscolo apporta circa un 30% alla prestazione. L’aumento del volume muscolare è la tanto ricercata e bramata ipertrofia.

Abbiamo visto nell’articolo Ipertrofia: I magnifici tre quali sono le basi teoriche e i meccanismi che sono le fondamenta dello sviluppo ipertrofico. Ora cerchiamo di capire come programmare al meglio un piano di allenamento volto principalmente allo sviluppo ipertrofico.

Come aumentare l’ipertrofia muscolare.

1. Avere un obiettivo per aumentare l’ipertrofia muscolare

Prima di impostare un allenamento, bisognerebbe sempre porsi una domanda: qual è il fine? Focalizzarci su un obiettivo ben preciso da raggiungere può sembrare scontato, ma non lo è affatto.

Mentre in programmazioni per la forza, ad esempio, questo viene sempre fatto, nel mondo dell’allenamento per l’ipertrofia ciò raramente avviene. Quando chiedete una scheda al vostro personal trainer, siate dunque precisi su quello che volete ottenere, altrimenti sarà come fare una lista della spesa di esercizi applicabili su di un soggetto, e in genere, più sono stressanti, più l’allenamento può dirsi efficace. E non è affatto così.

In un contesto ipertrofico, la variabile principale è senza ombra di dubbio il volume d’allenamento. Tuttavia, questo non significa che le schede debbano essere volte a raggiungere un determinato volume, bensì bisogna fissare un obiettivo più preciso.

Ad esempio:

  • in un primo momento potremmo concentrarci sul permettere una maggior sopportazione di alti volumi, e quindi la scheda prevederà un aumento delle serie allenanti di settimana in settimana;
  • potremmo poi puntare allo sviluppo di un feeling con diverse tecniche di intensità o all’ampliamento del ROM (Range of Movement)
  • potremmo puntare ad un aumento del carico su determianti range di ripetizioni o di TUT (Time Under Tension)
  • potremmo ancora impostare una scheda per ritrovare il feeling con la contrazione, dando priorità alla famosa connessione mente-muscolo

Ogni scheda deve quindi avere una logica ben precisa, basata su quello che volete ottenere.

2. Frequenza di allenamento per ipertrofia muscolare

Il Bodybuilding nasce come tutti gli altri sport, in un contesto nel quale il concetto era semplice: più ti alleni, più cresci. Così un tipico protocollo per l’ipertrofia prevedeva 6/7 giorni di allenamento alla settimana ed eventualmente doppia seduta di pesi o cardio all’interno della stessa giornata.

Con l’avvento del doping e la commercializzazione del mondo fitness è arrivata la possibilità di proporre nuove metodologie, come l’Heavy Duty, che si basano sull’andare in palestra “una tantum”, sollevare il più possibile nel minor tempo possibile e tornare a casa a riposarsi per un po’ di giorni. Con gli anni si è però visto che questa impostazione è però tendenzialmente errata, soprattutto per un natural, e questo perchè una delle variabili che più influisce in termini di adattamento è il volume totale.

Il concetto del “più ti alleni, più cresci” è anch’esso un’estremizzazione, che potremmo trasformare in maniera più adeguata in “più riesci ad allenarti progredendo, più cresci”.

Dunque, riuscire ad adattarsi ad un volume di allenamento (grazie ad una sapiente distribuzione delle sedute in più giorni) permetterà un adattamento più efficace.

ANZIANITA’

GRUPPI PICCOLI

GRUPPI GRANDI

1-2

6-10

10-16

3-5

10-16

16-20

6-8

15-25

25-35

>8

30-40

35-40

In alto, un’idea di intervallo settimanale di serie per gruppi in base all’anzianità di allenamento. Ovviamente i set sono indicativi, ma rendono l’idea di come all’aumentare dell’esperienza debba aumentare lo stimolo, e questo per indurre dei cambiamenti nel tempo, pena il classico “blocco” dei risultati che in genere si verifica dopo 2-3 anni.

3. Ipertrofia : MULTIFREQUENZA vs MONOFREQUENZA?

Per monofrequenza intendiamo l’allenamento di ogni gruppo muscolare una sola volta all’interno del microciclo (di solito la settimana), mentre per multifrequenza si intende l’allenamento più di una volta a settimana, in genere 2-3.

Se, riprendendo i discorsi precedenti, teniamo conto del volume allenante come variabile più influente sugli adattamenti muscolari e che per volume dobbiamo per forza intendere un volume efficiente, vien da se’ che allenare un gruppo muscolare più di una volta a settimana è la scelta migliore.

Peraltro, la riposta di adattamento è tendenzialmente rapida: mentre il lattato e le scorte di energetiche vengono recuperate in poco tempo, altri fattori, come i danni muscolari, impiegano circa 48-72 ore, e quindi stressare un muscolo 2 volte a settimana non ostacola di certo tali progressi. Anzi, avremo semmai un grande vantaggio: il muscolo, venendo stimolato, e quindi irrorato, più frequentemente e in maniera uniforme, sul medio/lungo periodo manterrà uno stato sano ed anabolico e, di conseguenza, permetterà di sovracompensare meglio.

Qual è la strategia migliore per l’incremento dell’ipertrofia muscolare?

Un’ottima strategia per impostare un buon allenamento in monofrequenza è quella di variare gli angoli di lavoro: prendendo come esempio il dorso, potremmo concentrarci in una seduta sui rematori ( pulley, rematori vari etc.) e nell’altra sulle trazioni (lat machine, pulldown etc.).

Un altro parametro su cui poter lavorare è il ROM: in una prima seduta concentrarsi su lavori in massimo stretch del muscolo, nell’altra seduta sui lavori in cui il muscolo raggiunge la massima contrazione ( dando focus su quel punto).

Oppure potremmo variare la seduta in base all’ordine dei gruppi muscolari e al volume, dando un giorno la priorità ad un uno e un giorno all’altro: per esempio, lunedì petto-spalle e giovedì spalle-petto, con volumi maggiori, entrambi i giorni, sul primo gruppo allenato.

Insomma il concetto è semplice: variare, dando logica al tutto, e cambiare gli stimoli.

4. Ipertrofia: FULL BODY vs BRO-SPLIT?

Il grande vantaggio dell’allenamento il full body è che permette la massima sinergia muscolare: nessun gruppo viene viene escluso all’interno della seduta, possiamo lavorare per catene cinetiche o con esercizi complessi, e possiamo variare maggiormente le sedute all’interno della settimana. Non da poco, lo stimolo allenante sarà maggiore e, col tempo, questo permetterà al soggetto di adattarsi a sopportare maggiormente la mole di lavoro. Lo svantaggio è che lavorare tutto il corpo è estremamente faticoso, e nel tempo risentiremo parecchio dell’affaticamento progressivo.

Vien da sè che il vantaggio di suddividere i gruppi muscolari all’interno della settimana è quello di poter effettuare lavori più precisi ed efficaci.

Entrambi risultano efficaci in termini di ipertrofia, e gli studi lo dimostrano, quindi la scelta dipende essenzialmente da voi: se hai del tempo da dedicare all’allenamento, conviene allenarti per più giorni e suddividere i vari gruppi muscolari all’interno delle sedute, con le classiche bro-split che tutti conosciamo ; se invece hai poco tempo, il fullbody è quello che fa per te.

Come in ogni contesto, la personalizzazione è la chiave. Non esiste una formula magica. Ovviamente ci sono alcune cose che funzionano meglio di altre, ma in un contesto di pianificazione, basarsi su ciò che dice la letteratura scientifica e adattarla al caso specifico, tenendo conto di obiettivi e necessità, è sicuramente la scelta migliore.

Il Personal Trainer adatterà ciò che è oggettivamente e scientificamente valido al singolo soggetto, ed è per questo motivo che nemmeno in questo caso esiste una verità assoluta.

Voglia di allenarsi, di migliorarsi e di andare oltre i propri limiti sono gli elementi essenziali in ogni contesto. Costruire un programma di allenamento, se le basi sopra citate sono solide, è un gioco da ragazzi.

Fonte: Project Strength