CELLULITE: DALLA TEORIA ALLA PRATICA

CELLULITE: DALLA TEORIA ALLA PRATICA

CELLULITE: DI COSA PARLIAMO?

Al giorno d’oggi, la cellulite è una delle principali preoccupazioni tra le donne. Sebbene sia un problema molto comune, la sua comprensione e il relativo trattamento risultano complicati a causa della fisiopatologia non del tutto chiarita.

In questo articolo esploreremo le caratteristiche dei tessuti colpiti dalla cellulite, le possibili cause e concause, con un focus particolare su come modificare il nostro stile di vita per affrontarla.

CELLULITE: IDENTIFICHIAMO IL PROBLEMA

Dal punto di vista medico, la cellulite è conosciuta come “Panniculopatia edemato-fibro-sclerotica”, un termine che descrive accuratamente i suoi aspetti clinici: sofferenza del tessuto sottocutaneo (panniculopatia) con alterazioni del tessuto linfatico e accumulo di liquido interstiziale (edemato), evoluzione fibrotica e sclerotica del tessuto adiposo e connettivale (fibro-sclerotica).

Sono stati identificati alcuni fattori chiaramente coinvolti nella sua formazione e degenerazione, ma su molti altri permangono dubbi e dibattiti. Si parla di correlazione con alcuni fattori, ma non di causalità: dal punto di vista scientifico, questa è una distinzione fondamentale.

Poiché le cause non sono ben definite, le indicazioni sulla prevenzione e cura della cellulite sono spesso contrastanti.

CELLULITE: CLASSIFICAZIONE

La cellulite può essere classificata universalmente più utilizzata in ambito medico è quella che la differenzia in 4 stadi di crescente gravità del quadro clinico:

  1. Alterazione del microcircolo con vasodilatazione ed alterazione della permeabilità dei capillari, che porta a trasudazione peri-capillare e intra-adiposa. Parte dell’acqua fuoriesce dai capillari e invade lo spazio interstiziale tra le cellule adipose, allontanandole le une dalle altre e dai capillari stessi.
  2. Edema, che provoca cambiamenti metabolici che determinano iperplasia e ipertrofia della rete reticulare, portando alla formazione di depositi peri-capillari e peri-adiposi con relativo aumento della viscosità interstiziale. Il tessuto adiposo perde la sua normale architettura a nido d’ape e vengono alterati i suoi scambi nutritizi con il microcircolo. Se l’edema persiste e si cronicizza, il ristagno dei liquidi e scorie irrita il tessuto adiposo fino a modificarne la biochimica e la struttura, fino alla morte delle cellule adipose.
  3. Il tessuto connettivo diventa fibroso, con la formazione di fibrille reticolari intorno alle cellule adipose e ai capillari, finchè le fibrille inglobano aree di tessuto morto, formando micronoduli di collagene.
  4. L’aggregazione di micronoduli porta alla formazione di macronoduli; in questo stadio finale vi è una profonda alterazione del tessuto, gli adipociti si trasformano in fibrociti e nel tessuto adiposo si ritroveranno solo fasci connettivali.

Gli stadi 3 e 4 non sono trattabili se non con trattamenti medici, perchè gli adipociti, risultando metabolicamente inattivi, non rispondono agli stimoli lipolitici ricevuti per via nervosa o sanguigna.

Negli stadi iniziali, invece, l’intervento può essere finalizzato a rimuovere i fattori che predispongono e aggravano il fenomeno.

Sebbene sia stata riscontrata in entrambi i sessi, la cellulite si manifesta più frequentemente nelle donne, specialmente dopo la pubertà, e nelle persone in sovrappeso e obese.

I motivi per cui si tratta di una problematica prettamente femminile sono essenzialmente 2:

  • Differenze anatomiche della cute tra i due sessi
  • Influenza negativa degli estrogeni

Il tessuto sottocutaneo delle cosce, in particolare, ha una struttura di base differente tra uomo e donna. In queste ultime, l’epidermide è più sottile, la parte superficiale è più spessa, le cellule adipose sono più larghe con setti di tessuto connettivo che decorrono in modio radiale, a formare una struttura a nido d’ape; negli uomini invece sono più piccole, intervallate da setti incrociati di tessuto connettivo.

Dieta a Isernia
Dietista e Nutrizionista Valentina Rossi

Nelle donne il corium, connettivo che separa derma e sottocutaneo, è più sottile e con l’avanzare dell’età tende ad assottigliarsi ulteriormente, perdendo consistenza e permettendo la protusione delle cellule adipose nel derma. Anche i tralci connettivali che delimitano le aree contenenti le cellule adipose diventano più sottili, determinandone l’allargamento.

La rottura o l’assottigliamento del tessuto connettivo è un fattore molto importante nello sviluppo della cellulite, ed è responsabile della tipica sensazione di “granulosità”.

Il fenomeno della “buccia d’arancia” è dovuto all’alternarsi di depressioni e protusioni dello strato superficiale del tessuto adiposo, per la sporgenza degli adipociti nel derma.

Nel tessuto sottocutaneo possono formarsi dei noduli contenenti adipociti alterati, circondati da una capsula di connettivo sclerotico povero di vasi.

Per quanto riguarda gli estrogeni, vi sono evidenze per loro implicazione nell’insorgenza, aggravamento e persistenza della cellulite. La sua maggiore incidenza nel sesso femminile, la sua comparsa a partire dalla pubertà, il suo peggioramento con la gravidanza, con il ciclo mestruale, con l’utilizzo di contraccettivi ormonali, sono addotti come elementi a supporto di tale ipotesi.

Inoltre, la cellulite si manifesta soprattutto nella parte inferiore del corpo, dove i recettori per gli estrogeni risultano essere più numerosi.

CELLULITE, FATTORI PREDISPONENTI

ORIGINE ETNICA: le donne bianche mostrano una predisposizione maggiore.

FAMILIARITA’: in modo particolare, le sindromi endocrino-metaboliche ereditarie e le insufficienze vascolari degli arti inferiori.

STRUTTURA CORPOREA: alterazioni posturali e del rachide vertebrale.

SQUILIBRI ORMONALI: in pazienti che soffrono di alterazioni funzionali ormonali, in pazienti che consumano progestagen o alimenti a base di ormoni

DISTURBI DIETETICI: eccesso di zuccheri e grassi

DISTURBI DIGESTIVI: in particolare quelli associati ad alterazione della flora intestinale

SESSUALITA’: è una delle attività fondamentali della vita, la pari dell’alimentazione, del sonno e della respirazione, affinchè le normali funzioni metaboliche avvengano correttamente

STILE DI VITA: è necessario un adeguato equilibrio tra dieta, evacuazione, sonno, lavoro ed esercizio fisico

COMPRESSIONE ESTERNA: abiti stretti, jeans e tubi elastici non necessari ostacolano il sistema linfatico e/o il sistema di microcircolazione cutanea, favorendo così la patologia da ipossia metabolica

INFEZIONI: possono causare danni ai tessuti, che a loro volta provocheranno alterazioni strutturali tissutali e fibrosclerosi

FUMO: rallentando la microcircolazione nelle arterie cutanee ed essendo quindi lipogenetico, genera ipossia cutanea, nota come buccia d’arancia. Anche se la stimolazione ormonale e tiroidea indotta dal fumo attiva adrenalina e noradrenalina e accelera i processi catabolici dei tessuti, favorendo così la lipolisi a livello sottocutaneo, dovrebbero essere valutati anche i danni permanenti nell’interstizio a causa di un eccesso di radicali liberi.

ASSUNZIONE DI ESTRO-PROGESTINICI: generano edema endoteliale e attivano reazioni Fenton (Fe-Ca). Il processo genera inevitabilmente una qualche forma di lipedema e lipolinfedema, che a loro volta portano a lipodistrofia.

CELLULITE, FATTORI AGGRAVANTI

OBESITA’ E SOVRAPPESO: tutte le forme di sovrappeso sono caratterizzate da un aumento di grasso nei tessuti sottocutanei; nei normali scambi interstiziali e microcircolatori, le cellule adipose interferiscono con l’acqua, l’ossigeno e gli ioni proteici, scatenando processi che alterano l’interstizio a causa dell’iperinsulinemia.

ASSUNZIONE DI ORMONI: in particolare gli estro-progestinici, generano alterazioni tipiche, sia a livello del feedback endocrino-ipofisario, sia a livello del recettore periferico, dando origine a lipogenesi, lipedema, e perdita di calcio nelle pareti venose e linfatiche, con concomitante aumento della permeabilità capillare e alterazioni nelle reazioni di ossido-riduzione del tessuto.

ALTERAZIONI ANATOMICHE: alterazioni posturali e dell’andatura interferiscono con i normali processi metabolici e circolatori. Ad esempio, la presenza di iperlordosi può causare un anteriorizzazione degli organi addominali, con conseguente compressione di vene e vasi linfatici.

CARENZE DIETETICHE: diete povere di proteine, vitamine e fibre provocano ristagno di feci e dilatazione dell’ampolla rettale, con compressione delle vene iliache e conseguente ostacolo del flusso venoso e linfatico negli arti inferiori.

PREVIENI LA CELLULITE

COSA POSSIAMO FARE?

Dall’analisi dei fattori che concorrono alla genesi e alla degenerazione della cellulite si possono trarre utili indicazioni, soprattutto relativi allo stile di vita.

E’ infatti ovvio che migliorare la composizione corporea e lo stato di salute avrà una ripercussione positiva su tutto l’organismo, e contribuirà a prevenire la formazione del disturbo o ridurlo se in stato iniziale.

Inoltre, poichè gli avvallamenti che caratterizzano la cellulite sono tanto più evidenti quanto maggiore è il grasso sottocutaneo e la flaccidità dei tessuti sottostanti, la riduzione della massa grassa e l’aumento della massa magra sono le strategie più efficaci per intervenire.

I suggerimenti e i consigli che si possono dare sono dunque gli stessi che in genere si danno anche in assenza di cellulite: si tratta di impostare alimentazione, allenamento e riposo per ottenere una miglior composizione corporea. A questo, come vedremo, è possibile aggiungere indicazioni specifiche per il miglioramento del microcircolo e del drenaggio linfatico.

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CONSIGLI DIETETICI PER LA CELLULITE

Prima cosa da sottolineare: non esistono alimenti che contrastano la cellulite.

I risultati si ottengono curando gli aspetti quantitativi e qualitativi della propria alimentazione.

Nei soggetti in sovrappeso, la riduzione della cellulite si può ottenere attraverso un programma di dimagrimento. In questo caso, sarà importantissimo preservare la massa magra: l’inestetismo sarebbe infatti peggiorato da una condizione di ipotrofia muscolare.

Nei soggetti in normopeso si può intervenire curando gli aspetti qualitativi dell’alimentazione, garantendo un adeguato rapporto tra i macronutrienti e un adeguato apporto di micronutrienti che, come vedremo, sono fondamentali per la salute e quindi per contrastare una condizione, come quella della cellulite, correlata in gran parte anche ad un’alimentazione carente in uno o più di questi aspetti.

Il primissimo step per impostare un programma alimentare adeguato è personalizzarlo sulla base delle esigenze nutrizionali e dello stato metabolico individuale.

Consiglio di tracciare il cibo assunto, utilizzando una delle numerose app dedicate, per almeno 1 mese. A questo punto saremo in grado di stabilire se il consumo calorico è eccessivo, adeguato o insufficiente.

Nel primo caso si potrà procedere con un taglio calorico, se l’obiettivo è perdere grasso, nel secondo caso si dovrà agire sugli aspetti qualitativi di cui sopra, nel terzo caso bisognerà invece adottare una strategia di reset metabolico.

Una volta calcolati i macronutrienti per soddisfare i fabbisogni individuali, bisogna assicurarsi che i seguenti fattori siano verificati:

  1. apporto di fibre di almeno 30 g/die;
  2. adeguata idratazione;
  3. apporto di zuccheri semplici limitato a 20% dell’apporto totale di carboidrati;
  4. consumo del sale proporzionato alla quantità di acqua che si consuma; calcolare circa 500 mg di sodio per ogni litro d’acqua;

CELLULITE: INTEGRAZIONE

Il primo integratore veramente efficace contro la cellulite è.. l’acqua!

Questa ha solamente un difetto: è talmente scontata e poco costosa, che le persone pensano che non possa essere efficace.. non vi resta che provare per convincervi.

Altri integratori che consiglio come basilari per la salute sono un buon multivitaminico e il magnesio, quest’ultimo importantissimo per le donne anche per ridurre la sindrome pre-mestruale, e attenuare quindi i disturbi che tendono ad aggravare la cellulite in questa fase ormonale.

Risultano molto utili anche l’acido alfa-lipoico, per il suo effetto anti-ossidante, e la centella asiatica, che esercita un’azione normalizzante sul tessuto connettivo, di cui stimola l’integrità senza promuovere un’eccessiva sintesi di collagene.

ALLENAMENTO PER LA CELLULITE

Non esiste uno studio scientifico che abbia indagato il ruolo dell’allenamento nella riduzione della cellulite. Tuttavia, diversi studi suggeriscono che l’attività fisica sia una componente essenziale di uno stile di vita sano e utile per prevenirla e combatterla.

L’attività fisica intensa è strettamente correlata ai benefici del sistema linfatico. Poiché i ristagni linfatici causano un aumento della pressione nei capillari e, attraverso l’alterata permeabilità di questi, innescano i processi degenerativi tipici della cellulite, il miglioramento del drenaggio linfatico è una componente fondamentale. È intuitivo che l’attività fisica, aumentando l’impegno muscolare e circolatorio, possa contrastare il rallentamento del sistema di eliminazione dei liquidi e degli scarti metabolici.

Nei soggetti in sovrappeso, gli obiettivi di allenamento devono focalizzarsi sulla preservazione della massa muscolare durante il dimagrimento e supportare la dieta nella riduzione del grasso in eccesso.

Per raggiungere questo risultato, è necessario agire su più fronti:

Sarà inoltre fondamentale correggere eventuali problematiche posturali. Ad esempio, in caso di iperlordosi, è possibile intervenire correggendo l’antiversione tramite l’allungamento dei muscoli flessori dell’anca e degli estensori lombari, e il potenziamento dei glutei e dei muscoli del core addominale.

Nei soggetti normopeso, l’obiettivo sarà aumentare la massa magra. In questi casi, l’inestetismo è principalmente dovuto alla flaccidità dei tessuti e al basso tono muscolare. I tessuti flaccidi, sottoposti alla forza di gravità, hanno un effetto di compressione simile a quello che si ottiene strizzando la zona con le dita: aumenta la pressione sui lobi del tessuto sottocutaneo e la tensione dei setti trasversali. Per questa situazione, l’elettrostimolazione e l’esercizio fisico sono i trattamenti consigliati. Sono quindi appropriate tutte le strategie mirate all’ipertrofia muscolare, associate a una dieta normocalorica o leggermente ipercalorica per favorire lo sviluppo muscolare.

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valentina.rossi91.dietista@gmail.com

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LA MASSA MAGRA CI FA INGRASSARE!

LA MASSA MAGRA CI FA INGRASSARE!

Dieta a Isernia
Dietista e Nutrizionista Valentina Rossi

Parliamo di composizione corporea

Nel meraviglioso mondo della composizione corporea, la massa magra e il grasso corporeo non sono avversari, come comunemente si crede, ma piuttosto alleati: entrambi giocano un ruolo cruciale nella nostra composizione corporea e nell’assorbimento di energia.

Si tende comunemente ad attribuire al grasso una funzione cruciale nel controllo dell’appetito, come indicato dal modello del set point del grasso corporeo sviluppato oltre 50 anni fa. Tuttavia, dalle poche ricerche condotte sull’uomo riguardanti le relazioni tra assunzione di cibo e composizione corporea, è emerso che un aumento o una diminuzione della massa magra può influenzare significativamente il desiderio di mangiare.

COSA DICONO GLI STUDI

Il primo studio sulle relazioni tra composizione corporea e consumo di cibo “ad libitum” risale al 1989. Si scoprì che l’assunzione energetica necessaria per mantenere il peso corporeo non era correlata alla percentuale di grasso corporeo o alla massa grassa (FM), ma era invece legata alla massa magra (FFM). Questi risultati furono trascurati per circa due decenni, fino al 2012, quando si confermò che la massa magra era positivamente associata alla dimensione del pasto e all’assunzione totale di energia in individui con sovrappeso e obesità.

Tra questi due rapporti, tuttavia, la pubblicazione di una nuova analisi del Minnesota Starvation Experiment vi consiglio di leggere, ha rivelato che la perdita di massa muscolare, indipendentemente dall’esaurimento della massa grassa, ha predetto il grado di iperfagia, ossia di alimentazione incontrollata, durante la fase di ri-alimentazione post dieta ipocalorica. I soggetti che avevano partecipato allo studio avevano quindi continuato a mangiare in maniera incontrollata anche dopo il recupero del peso perso.

Questo significa che, sebbene l’aumento della massa magra che accompagna il guadagno di grasso corporeo contribuisca ad un aumento del fabbisogno energetico man mano che l’obesità si sviluppa, anche un deficit della stessa massa magra è un fattore che guida l’assunzione di energia.

MASSA MAGRA E ASSUNZIONE DI ENERGIA

L’impatto dell’aumento della massa magra associato all’obesità sull’assunzione di energia è qualcosa di inatteso e controverso: è risaputo infatti che essa è una delle principali determinanti del dispendio energetico (circa il 70% del tasso metabolico a riposo).

E’ stato suggerito che la massa magra non ha alcun effetto diretto sull’assunzione di energia, ma influenza indirettamente la fame quotidiana, la dimensione del pasto e l’assunzione giornaliera di energia. Secondo alcuni ricercatori, tali fabbisogni energetici indotti dalla massa magra rappresentano una sorta di “aspirapolvere fisiologica” che guida l’assunzione di cibo in base alle richieste energetiche basali, e aiuta a garantire il mantenimento e l’esecuzione di processi biologici e comportamentali.

La ri-analisi dei dati dell’esperimento del Minnesota Experiment ha rivelato non solo che i deficit di massa magra e massa grassa prevedevano indipendentemente l’iperfagia post dieta ipocalorica, ma anche che nonostante il completo recupero di peso e grasso, l’iperfagia persisteva fino a quando la massa magra era completamente ripristinata ai livelli pre-dieta.

Tradotto in parole povere, l’aumento della fame dopo una consistente perdita di peso va oltre la spiegazione basata sulla teoria lipostatica e del modello classico del set point: la massa magra ha un impatto molto più forte sull’iperfagia, e finchè i suoi livelli resteranno bassi, gli adattamenti comportamentali alla perdita di peso continueranno a persistere e a spingere il soggetto a mangiare di più.

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COLLATERAL FATTENING E RECUPERO DEL PESO

Un sistema di controllo in cui la perdita di massa magra aumenta l’apporto energetico, portando a un aumento del grasso, noto come “collateral fattening”, ha implicazioni nella ricerca sull’obesità.

Dopo una dieta, la perdita muscolare può far recuperare peso a causa del metabolismo più lento e dell’aumento dell’appetito.

L’esistenza di un feedback negativo tra muscolo e apporto energetico indica che la dieta e la perdita di peso sono più rischiose per un futuro aumento di peso in persone con peso normale rispetto a quelle obese.

La percentuale di perdita di massa magra è maggiore nei magri rispetto agli obesi, e il recupero più veloce del grasso rispetto alla massa magra è tipico di chi ha perso peso e grasso, come nei pazienti che si riprendono da anoressia, carestia o cachessia.

Questa differenza temporale nel ripristino del grasso rispetto alla massa magra provoca iperfagia che persiste oltre il recupero del grasso, guidata dal deficit muscolare. Il recupero della massa muscolare, accompagnato dalla deposizione di grasso, porta a un accumulo maggiore di grasso. Questo fenomeno spiega perché, dopo una dieta scorretta, il peso recuperato può superare quello iniziale.

In questo contesto, la relazione tra dieta e attività fisica si rafforza. L’aumento della sedentarietà e la riduzione della funzione muscolare causano atrofia e perdita di massa magra, innescando un ciclo negativo tra questa e apporto energetico, con un aumento dell’assunzione di energia per ristabilire muscolo e un incremento del grasso corporeo.

LA SOLUZIONE C’E’!

Il titolo dell’articolo è ovviamente intriso di sarcasmo! Avere una buona massa muscolare non è mai una cosa negativa, e in questo contesto ancora di più!

Nel complesso, il fenomeno del Collateral Fattening è un ulteriore promemoria dell’importanza di promuovere sia le diete sane sia l’attività fisica come protezione contro la perdita di massa magra.

Deficit calorici non eccessivamente marcati, una buona quantità di proteine e attività fisica contro resistenza sono le 3 variabili che non dovrebbero mai mancare in un percorso di dimagrimento, pena l’eccessiva perdita di massa muscolare e tutte le conseguenze che questo comporta.

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valentina.rossi91.dietista@gmail.com

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