Al mondo, ci sono due tipi di persone. Quelle che si pesano ogni mattina e/o più volte in una giornata, e quelle che nemmeno hanno una bilancia in casa.
Fin da quando nasciamo, il nostro stato di salute viene letteralmente misurato dal numero che appare sulla bilancia; il nostro peso e la nostra altezza vengo messi in relazione per valutare se cresciamo bene o meno, e pare che, crescendo, quel numero sia destinato a influenzare il nostro comportamento a tavola e con il cibo.
Se il numero sale, è meglio darsi una calmata. Se il numero scende, forse dovremmo mangiare di più.
Ma che cosa rappresenta quel numero?
Una bilancia misura il nostro peso, ossia la forza che il campo gravitazionale terrestre esercita sulla nostra massa, ma non ci fornisce alcuna indicazione sulla nostra composizione corporea, sui materiali di cui siamo fatti.
Il nostro corpo è costituito dagli organi interni, dal sistema nervoso, dai muscoli scheletrici, dal tessuto adiposo -quello che, volgarmente chiamiamo grasso- dallo scheletro, dal sangue e da acqua.
Le percentuali di ognuno di questi componenti possono variare anche di molto: i muscoli scheletrici in un soggetto medio possono andare dal 25 al 40% del peso corporeo, mentre il tessuto adiposo in un soggetto magro potrà essere intorno al 10%, ma in un soggetto fortemente obeso potrà arrivare fino al 50% del peso totale.
Il cervello può pesare fino a un chilo e mezzo, in genere un adulto ha circa 5 litri di sangue, poco più di 5 chili, e anche lo scheletro ha un suo peso, che oscilla tra i 10 e i 15 kg e rappresenta in genere circa il 15-20% del peso totale, a seconda di età e sesso del soggetto (e con questa informazione abbiamo messo fuori uso la storica scusa delle ossa grosse per un peso troppo elevato).
Anche il contenuto di acqua varia in base a età e sesso del soggetto e può essere influenzato da una miriade di fattori diversi. La somma dei pesi di questi diversi componenti ci dà il nostro peso totale, quello che leggiamo sulla bilancia, ma spesso questa informazione non è particolarmente utile, visto che non sappiamo nulla delle singole componenti.
PESO SULLA BILANCIA vs COMPOSIZIONE CORPOREA
Chi è attento alla propria forma o chi è a dieta spesso conferisce un’importanza enorme al valore del proprio peso corporeo: se i numeri calano euforia, festa grande e danze brasiliane, mentre quando i numeri salgono sconforto, tristezza e profonda saudade.
E chiaramente i media non aiutano, focalizzando l’attenzione sulla perdita di peso ad ogni costo, con la spettacolarizzazione e la diffusione di diete e metodi sempre più eccentrici, e potenzialmente problematici, il cui unico scopo è quello di far scendere il più rapidamente possibile quei numeretti sulla bilancia. Tuttavia quei numeri in caduta libera, quelle variazioni che la bilancia registra, cosa ci dicono realmente?
Facciamo un piccolo esempio: la signora Pina ha intrapreso una dieta super ferrea, con utilizzo di prodotti light, tanta attività aerobica -pardon cardio, perchè Pina è personcina alla moda, vero Bro?- e i supplementi giusti che gli ha consigliato l’amica che è tanto dimagrita. Dopo un mese la signora Pina registra una perdita di 6 chilogrammi, è in pace con il mondo, ama la bilancia e il suo prossimo, è felice.
La domanda tuttavia è: che cosa è che ha perso? Ossa? Direi improbabile. Organi? Anche questo difficile possa succedere. Grasso, acqua, muscoli? Non lo sappiamo, la nostra bilancia non può dircelo.
Per poter capire meglio cosa succede bisognerebbe valutare la composizione corporea della nostra signora Pina.
Al fine di valutare la composizione corporea, scienziati e ricercatori hanno sviluppato differenti modelli che cercano di raggruppare acqua, organi, tessuti, minerali in diverse componenti, che vanno da due nei modelli più semplici, a quattro o più nei modelli più complessi.
Dal punto di vista pratico, parlando del tipico soggetto a dieta o dell’atleta, il modello più semplice e di immediato utilizzo è il modello bicompartimentale, in cui il peso corporeo è dato dalla somma di massa grassa e massa magra.
La massa grassa è la somma di tutto il tessuto adiposo, del grasso viscerale ed essenziale, del pannicolo adiposo sottocutaneo etc, presente nel nostro organismo.
La massa magra è tutto ciò che non è grasso, muscoli, organi, sangue, minerali ed ossa. Più propriamente si dovrebbe parlare di massa priva di grasso -Fat Free Mass, FFM come spesso è indicata- la cui stima presuppone una certa uniformità nel contenuto di acqua, dal 72 al 74%, e del contenuto di potassio, intorno a 2,3-2,5 kg/kg peso corporeo.
Tornando all’esempio della signora Pina e ai suoi 6 kg perduti in un mese -6kg in un mese, signora mia!- la bilancia darà sicuramente grandi soddisfazioni, ma un’analisi più accurata potrebbe cancellare il sorriso della nostra sfortunata signora.
Magari valutando la composizione corporea della nostra amica scopriamo che la massa grassa è diminuita di un solo kg , quindi gli altri 5 kg perduti sono da imputare a una riduzione della massa magra, situazione tutt’altro che ideale: una perdita di grasso modesta accompagnata da una perdita magari importante di acqua e muscolo, visto che il peso di organi, scheletro e sangue rimane relativamente costante.
La conclusione è che la dieta e lo stile di vita della nostra Pina sono completamente sbagliati: magari proteine e grassi insufficienti nella dieta, magari un esercizio eccessivo o sbagliato. La signora non sta dimagrendo, si sta sciupando -come avrebbe acutamente osservato mia nonna- e nonostante i numerini sulla bilancia le stiano dando ragione, in realtà sta facendo cose sbagliate che le provocheranno danni e problemi nel lungo periodo.
VALUTAZIONE DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA
La domanda che sorge spontanea è: si, tutto bellissimo, ma come si misurano massa grassa e massa magra? Come faccio a capire cosa rappresenta il numero che vedo su quella benedetta bilancia?
I metodi disponibili sono numerosi, alcuni relativamente semplici da utilizzare, altri più complessi, dipendenti dall’utilizzo di macchinari anche molto costosi. Si va dai plicometri, dei semplici calibri per la misurazione del pannicolo adiposo sottocutaneo, all’impedenziometria, fino all’uso di strumenti come la DEXA, sorta di esame radiografico che permette una valutazione abbastanza accurata della composizione corporea, probabilmente il golden standard in questo tipo di applicazione. Si tratta ovviamente di metodi che non sono facilmente accessibili in ambiente casalingo, anche se in commercio ci sono bilance con rilevatori impedenziometrici, le cui prestazioni lasciano tuttavia molto a desiderare.
I professionisti del mestiere (me compresa) sono stati formati nell’utilizzo di questi strumenti, e sapranno utilizzarli al meglio per aiutarvi in un corretto percorso di dimagrimento che comporti una perdita di grasso e non di preziosa massa magra.
MA ALLORA LA BILANCIA E’ DA BUTTARE?
Assolutamente no. Registrare periodicamente il proprio peso è cosa buona e giusta e, a mio modo di vedere, è uno strumento importante per evitare una pericolosa deriva che può portare a consistenti aumenti di peso.
Nonostante si tratti di un numero, è comunque un valido strumento per tenere sotto controllo GLI ANDAMENTI del proprio peso corporeo. Se per tutta la mia vita ho pesato 50 kg, e ora la mia bilancia mi segna un peso di 80 kg.. forse è il caso di farsi due domandine e chiamare la vostra dietista di fiducia (PS. Trovate il modulo per contattarmi qui).
Tuttavia non è bene neppure essere ossessionati da un numero che di per sé non ci fornisce grandi informazioni. Se il numero aumenta cosa sta crescendo realmente? Il grasso? Il muscolo? Sto accumulando acqua? E se il numero cala è il grasso che se ne va, sto perdendo massa magra o mi sto disidratando?
Per rispondere a queste domande bisogna valutare la composizione corporea. Magari accanto al peso possiamo valutare qualche circonferenza, o magari possiamo ricorrere a strumenti più sofisticati.
Se non si disponesse di un plicometro o di un bioimpedenziometro, l’ausilio fondamentale da associare alla bilancia e alle rilevazioni delle circonferenze resta lo specchio. Anzi, lo specchio andrebbe utilizzato sempre, anche disponendo degli altri strumenti. Esso materializza la nostra volontà, riflette (è proprio il caso di dirlo) il nostro impegno. È il punto in cui realtà e immaginazione si scambiano vicendevolmente di posto.
Dobbiamo ricordare però che il peso sulla bilancia può variare drammaticamente se per qualche giorno non abbiamo evacuato, se abbiamo mangiato troppo saporito o abbiamo assunto farmaci che determinano ritenzione idrica.
L’ideale è utilizzare una bilancia affidabile, meglio quelle non digitali, disposta su superficie dura e piana, misurando il nostro peso al mattino, in biancheria o nudi, dopo aver evacuato. E soprattutto, sempre sulla stessa bilancia e sempre nelle stesse condizioni.
In questa maniera si eliminano molti dei fattori di disturbo che possono generare ansia o sconforto. E periodicamente sottoporsi a valutazione della composizione corporea che ci darà indicazioni decisamente più precise su quello che sta accadendo al nostro corpo.
Non possiamo lasciare che siano le variazioni di un numero su di uno strumento a condizionare la vita: dobbiamo capire cosa accade al nostro corpo, ricercando armonia e benessere, e non qualche arbitraria variazione numerica che poco ci dice delle nostra reale condizione fisica.
QUINDI, RICAPITOLANDO
SI’ alla bilancia come metodo di valutazione dell’ andamento del peso corporeo, consapevoli di tutti i limiti che presenta e ricordando che non sono le oscillazioni di 1-2 kg a doverci mandare al manicomio
NO alla bilancia come strumento di tortura psicologica. Non identificatevi con quel numero, perchè quel numero non dice nulla di voi e di come siete fatti.
L’articolo di oggi si tinge completamente di rosa: parleremo infatti di ciclo mestruale e benessere psicofisico, e di come come questi due fattori si influenzano reciprocamente, determinando a volte meccanismi disfunzionali che si riflettono sulla capacità riproduttiva della donna e che prendono il nome di AMENORREA.
FISIOLOGIA DEL CICLO MESTRUALE
Il ciclo mestruale è un complesso meccanismo di ormoni secreti dalle ovaie, a loro volta stimolate dall’ipofisi e dall’ipotalamo (strutture del cervello), che prepara l’utero ad accogliere una eventuale gravidanza. La prima mestruazione avviene di media attorno i 12 anni, è chiamata menarca e indica l’inizio dell’età fertile.
Ogni mese l’ovaio stimolato dall’ormone FSH (follicostimolante) secreto dall’ipofisi, porta a maturazione un ovocita (fase follicolare) – mediamente dal 6° al 14° giorno – e libera progressivamente nel sangue grandi quantità di estrogeni (fase estrogenica o proliferativa), che provocano la ricostruzione dell’endometrio sfaldato dalla mestruazione (i primi 5-6 giorni del ciclo mestruale).
Il picco di estrogeni nel sangue viene rilevato dall’ipotalamo che, tramite un neurotrasmettitore, inibisce l’ipofisi alla produzione di FSH (feed-back negativo) e la stimola (feed-back positivo) alla brusca secrezione dell’ormone LH (luteinizzante).
Il rapido incremento nel sangue di LH (fino al picco dell’LH) provoca l’ovulazione e la liberazione dell’ovocita (fase ovulatoria). Inoltre l’LH stimola il residuo del follicolo a trasformarsi in un corpo giallastro e a secernere piccole quantità di estrogeni e una quantità sempre maggiore di progesterone (fase luteinica).
Il progesterone sostiene e stimola l’endometrio (mediamente dal 16° al 23° giorno) a raggiungere il suo massimo spessore e la sua completa maturazione per accogliere e nutrire l’eventuale cellula uovo fecondata (fase progestinica o secretoria).
E’ utile tenere presente che la mestruazione è il risultato finale di una serie di fenomeni che richiedono l’integrità anatomo-funzionale di varie componenti: l’area ipotalamo-ipofisaria, l’ovaio e l’utero. Alterazioni a livello di ciascuno di questi siti possono essere dunque causa di una interruzione del ciclo mestruale.
IN CHE MODO LA PSICHE PUO’ MODIFICARE GLI ORMONI?
I principali sistemi che regolano il benessere del nostro corpo – ma anche le risposte a eventi urgenti o stressanti – utilizzano un alfabeto comune. In termini semplici, il sistema nervoso (da cui dipende l’attività psichica), il sistema ormonale (da cui dipendono, tra l’altro, i bioritmi che regolano il ciclo mestruale, ma anche la risposta allo stress) e il sistema immunitario (l’esercito che ci difende) usano un codice comune, un linguaggio che viene riconosciuto e compreso da tutti e tre.
In questo modo la nostra psiche può modificare, per esempio, sia la produzione di ormoni, sia l’efficacia delle nostre difese immunitarie. Nello specifico, può bloccare il ciclo, oppure causare mestruazioni emorragiche o ravvicinate: tutte le donne sanno per esperienza quanto la regolarità o meno delle mestruazioni sia anche uno specchio della serenità del loro cuore.
AMENORREA: CHE COS’E’
L’Amenorrea è una condizione in cui si può dire che il corpo perde una caratteristica propria dell’essere donna, ovvero la capacità riproduttiva. Dal punto di vista diagnostico, l’amenorrea è caratterizzata dalla scomparsa del ciclo mestruale per almeno 6 mesi. Può essere classificata come primaria o secondaria a seconda della presenza/assenza del menarca. Circa la metà delle amenorree è di origine ipotalamico, cioè di origine non organica, quindi funzionale e reversibile.
L’amenorrea ipotalamica (AI) è una sindrome riconducibile a una scarsa produzione delle gonadotropine a livello ipotalamico, e rappresenta una risposta adattiva dell’organismo femminile allo stress.
Capire l’amenorrea significa prendere in considerazione non solo i fattori endocrini e ginecologici, ma anche psicologici, perché molto spesso è l’adozione di modalità disadattive in risposta a uno stress a portare a una condizione di amenorrea, al punto che l’amenorrea può essere definita come un fallimento del corpo femminile nella risposta allo stress (Nappi et al, 1995). Si verifica in questi casi uno squilibrio endocrino associato a uno sbilanciamento energetico, per cui è come se il corpo cominciasse a risparmiare su quelle funzioni non indispensabili alla sopravvivenza, tra cui appunto quella riproduttiva.
QUALI SONO LE CARATTERISTICHE ASSOCIATE ALL’AMENORREA IPOTALAMICA?
oltre a studiarne l’eziologia da un punto di vista fisico, si identificano, nei casi di amenorrea ipotalamica, delle caratteristiche tipiche: difficoltà a gestire le emozioni, rigidità nel funzionamento cognitivo e controllo alimentare/corporeo. Fin qui sembrerebbe tutto molto simile al disturbo alimentare, quindi cosa c’è di diverso nell’amenorrea ipotalamica?
Qualcosa di diverso c’è. La prima cosa è che spesso sono pazienti ginecologiche e difficilmente si riconoscono in un disturbo alimentare. La seconda cosa è che effettivamente non tutte le pazienti con DCA hanno l’amenorrea. Le pazienti con amenorrea non sono consapevoli della loro scarsa flessibilità cognitiva e della difficoltà di gestione delle emozioni. Inoltre il loro controllo sul cibo e sul corpo viene visto come una “sana abitudine” e non come la manifestazione di una certa rigidità.
Lo studio delle caratteristiche delle pazienti amenorroiche negli ultimi vent’anni ha permesso di ampliare le possibilità di cura e di trovare strade alternative non necessariamente farmacologiche. Così si è scoperto che alcune caratteristiche di personalità rendono più vulnerabili all’ amenorrea ipotalamica: perfezionismo, bisogno di controllo, senso di inadeguatezza e bisogno di riconoscimento. (Marcus et al, 2001). Donne con una struttura di questo tipo sono chiaramente maggiormente vulnerabili agli eventi stressanti e tendono a reagire in modo disfunzionale.
Il controllo sembra essere una caratteristica peculiare ed è indice di una scarsa flessibilità che si esprime sia in termini comportamentali che emotivi. Anche gli studi neurobiologici confermano questo dato. Sono stati misurati i livelli del fattore neurotrofico cerebrale (BDNF), un mediatore di plasticità neurale che influenza l’apprendimento, la memoria e il funzionamento cognitivo (Genazzani et al, 2007), nelle donne in età fertile con amenorrea confrontate con donne in post menopausa, e si è notato come questo fattore sia correlato alla presenza di ormoni gonadici. Le donne in amenorrea presentano un deficit di questo fattore che si traduce a livello cognitivo in una scarsa flessibilità. Il fatto inoltre che l’amenorrea permanga anche dopo aver ripristinato un peso adeguato, conferma l’ipotesi che ci siano altri fattori che rinforzino e mantengano l’amenorrea aldilà di un disturbo alimentare. (Brambilla et al, 2003).
Inoltre, le donne con amenorreaipotalamica hanno una scarsa spinta esplorativa e tendono all’evitamento. Possono avere comportamenti ossessivi e si accompagnano a disturbi dell’umore e sessuali. Il corpo delle amenorroiche è un corpo silente in cui si ha una staticità dell’organismo che va contro la normale ciclicità del corpo femminile in età fertile. Tanto la mente è rigida, tanto il corpo è bloccato.
PERCHE’ SUCCEDE?
Il nostro corpo è il miglior amico che abbiamo. E’ in contatto diretto e costante con la nostra psiche. Anzi, è il terreno attraverso cui si esprimono continuamente le nostre emozioni, positive e negative.
Il nostro corpo parla attraverso mille segni: basti pensare al rossore o al pallore, che svelano attraverso la pelle emozioni spesso segrete. Rivela piccoli moti del cuore, attraverso segnali minimi. Oppure può diventare il bersaglio di problemi più profondi, che non riusciamo ad affrontare bene a livello psicologico.
Il blocco mestruale da rottura di un fidanzamento, o da altra ferita affettiva, come la separazione dei genitori o la perdita di una nonna molta amata, rivela che il trauma emotivo dell’abbandono o del lutto ha superato, in un certo senso, la capacità tampone della psiche e si è espresso nel corpo, con il blocco temporaneo del ciclo. Il blocco da dieta dice con chiarezza che la riduzione del cibo è stata eccessiva, per entità della deprivazione di principi nutritivi, per rapidità e drasticità, per livello del sottopeso.
Nella maggior parte dei casi, il blocco ipotalamico si risolverà non appena la giovane donna avrà attraversato e risolto il dolore, la depressione e lo stress che l’abbandono o il lutto le hanno causato. O ripreso un’alimentazione più equilibrata, con il giusto apporto di sostanze nutritive (tra cui il ferro, le vitamine del gruppo B e la C) e un peso adeguato alla sua altezza.
COSA SI PUO’ FARE?
L’amenorrea ipotalamica nasce quasi sempre da stress psicofisico, in particolare riferito a diete restrittive (talvolta alternate con periodi di abbuffate e binge) e/o sport eccessivo. Queste due variabili portano inevitabilmente ad avere carenze di micro e macronutrienti, che mettono in allerta un sistema endocrino già piegato dallo stress. Le carenze più frequenti da trovare sono quelle di vitamina D, vitamina B12, zinco, ferro (nello specifico ferritina bassa).
Per quanto riguarda l’alimentazione in sé e per sé, non è particolarmente difficile da strutturare: la dieta deve essere studiata per permettere alla paziente di raggiungere il fabbisogno calorico e di macronutrienti, né più né meno. Facile a dirsi, ma non a farsi. Vediamo nello specifico di quali fabbisogni stiamo parlando.
FABBISOGNO CALORICO
E’ fondamentale che la dieta sia normocalorica: la paziente in amenorrea ipotalamica non deve dimagrire, neppure qualora ci fossero effettivamente alcuni chili da perdere (diverso è il discorso dell’amenorrea derivata da PCOS). Ogni fluttuazione al ribasso del grasso corporeo è un allarme per il sistema endocrino, che rallenta la produzione ormonale e ferma gli ormoni sessuali: il dimagrimento deve essere secondario alla ripresa del buon funzionamento di ipotalamo e ovaie, ovvero si prenderà in considerazione solo quando il ciclo tornerà ad essere presente. Sottolineo che la perdita di peso dovrà essere intrapresa solo qualora sia necessaria: se la paziente è normopeso sarebbe sciocco farle perdere peso per assecondare un suo desiderio estetico, poiché questo la porrebbe di nuovo a rischio di amenorrea; qualora ci siano insoddisfazioni legate all’immagine corporea, si deve intervenire in altro modo e con altri protocolli dietoterapici, non con il dimagrimento.
Molto spesso la paziente con amenorrea ipotalamica associata a DCA o cattivo rapporto con il cibo ha un’alimentazione fin troppo restrittiva, rigidamente controllata nella varietà di cibo e/o nel conteggio calorico. Se la paziente è sottopeso, la dieta deve pian piano diventare normo-ipercalorica per garantire il raggiungimento del peso corporeo ideale e il conseguente buon funzionamento ormonale. Se la paziente è normopeso ma stesse seguendo una dieta ipocalorica (1300-1400 kcal) è bene aumentare gradualmente il contributo di calorie, fino a portarla ad una dieta normocalorica che assecondi un metabolismo più attivo.
PROTEINE
Le proteine sono di importanza fondamentale per l’amenorrea ipotalamica: il contributo proteico deve essere leggermente superiore al classico 1 g/kg che viene consigliato per un fabbisogno “normale”. Le proteine diventano un importante stimolo sia per la produzione di ormoni ipotalamici e ipofisari, sia per il corretto funzionamento ovarico. Non sempre è facile riuscire a far accettare alla paziente indicazioni alimentari che prevedano un consumo di prodotti animali quasi sicuramente superiore a quella che è stata l’abitudine sino a quel momento: in parte per via delle informazioni sbagliate e parziali che circolano in merito al consumo di proteine, in parte perché frequentemente carne, pesce e uova rimangono alimenti-tabù, di cui si ha paura. Ecco che quindi è necessaria l’assistenza di un professionista capace di trasmettere il messaggio corretto circa il consumo di questi alimenti, di insegnarne l’importanza terapeutica e di dare suggerimenti riguardo gli acquisti e i metodi di cottura.
GRASSI
I grassi sono forse anche più importanti delle proteine per superare un’amenorrea ipotalamica. Oltre a nutrire i neuroni e favorire gli scambi cellulari, dai grassi vengono prodotti ormoni e cofattori indispensabili all’equilibrio endocrino. Il nostro sistema ormonale risente della carenza di grassi già nel giro di poche settimane: non è infrequente che una donna abbia ritardi nel ciclo già dopo un mese di dieta ipolipidica. Più a lungo si protrae la carenza, più sarà difficile che il ritorno ad un’alimentazione equilibrata e normolipidica garantisca una risoluzione definitiva. I grassi da prediligere sono quelli monoinsaturi (olio extravergine d’oliva). I grassi polinsaturi dovrebbero essere presenti in piccole quantità quotidiane, con predilezione di quelli della serie omega3: pesce mediterraneo, alghe, olio di semi di lino. In misura minoritaria si dovrebbe introdurre anche frutta secca non trattata, ricca di omega6: noci, nocciole, mandorle, semini di zucca o girasole o sesamo. Va ricordato che omega3 e omega6 sono in competizione: l’eccesso dell’una o dell’altra serie determina effetti avversi sull’organismo. I grassi saturi non dovrebbero mai mancare nell’alimentazione di chi soffre di amenorrea ipotalamica, poiché è da essi che si ha il maggiore stimolo alla produzione ormonale: ovviamente si devono scegliere fonti naturali di grassi saturi, a causa delle differenti forme chimiche presenti. I grassi saturi utili all’equilibrio endocrino sono quelli a media catena, presenti nel tuorlo di uova allevate all’aperto, carne di animali allevati al pascolo, burro di montagna o ghee, olio di cocco estratto a freddo. Invece, grassi saturi a lunga catena come il palmitico e il miristico, potenzialmente dannosi, sono contenuti in olio di palma, olio di colza, formaggi industriali, animali allevati intensivamente.
CARBOIDRATI
Diete troppo povere di carboidrati, quando vengono protratte a lungo nel tempo, determinano una condizione di ipotiroidismo che, quando trascurata, può diventare cronica. Una tiroide che lavora poco determina a cascata l’ipofunzionamento di altre ghiandole endocrine, tra cui ipotalamo e gonadi. Se l’ipofunzione tiroidea è stata causata dalla restrizione di carboidrati è sufficiente aumentare la loro quota per ristabilire un metabolismo attivo.
Non è assolutamente necessario, e anzi in certi casi risulta essere controproducente, mangiare cereali solo ed esclusivamente se integrali: l’amenorrea si accompagna quasi sempre anche a carenze minerali e vitaminiche, che potrebbero essere significativamente peggiorate da un eccessivo apporto di fibra vegetale. E’ invece possibile ruotare i diversi tipi di cereali durante la settimana: ad esempio alternare farro integrale e perlato, orzo decorticato e perlato, riso basmati, semintegrale, rosso o nero.
… FERMATEVI!
Leggendo quanto ho scritto finora, sembrerebbe essere molto semplice realizzare una dieta per una ragazza che soffra di amenorrea ipotalamica: si danno sufficienti calorie, si fa una corretta ripartizione dei macronutrienti, si controlla che non ci siano carenze minerali o di vitamine (sopperendo con eventuale integrazione adeguata). E il gioco è fatto.
TUTTO QUI? NON PROPRIO.
Se soffrite di amenorrea ipotalamica, cicli anovulatori non dipendenti da PCOS (Sindrome dell’Ovaio Policistico) o iperandrogenismo, se il vostro ciclo è irregolare e ammettete che ci sia una forte componente stressogena, fermatevi. Fermatevi e fatevi aiutare, lavorate sul modo in cui affrontate i pensieri disfunzionali, evitate fattori di stress aggiuntivi ad una già stressante quotidianità lavorativa, cercate un aiuto per allontanare i pensieri ossessivi; cercate un sostegno psicologico in primis, e chiedete aiuto anche per far sì che la vostra alimentazione sia adeguata al problema ormonale.