COME MIGLIORARE SE STESSI IN 5 STEP

COME MIGLIORARE SE STESSI IN 5 STEP

Quanti progetti facciamo durante l’anno? Andare in palestra, iscriversi a un corso di yoga, imparare una nuova lingua, mettersi a dieta… insomma, migliorare se stessi è ciò che ciclicamente ci proponiamo di fare!

Iniziamo a gennaio con i buoni propositi per l’anno nuovo, proseguiamo a giugno pensando alla prova costume, e poi a settembre meditiamo di iscriverci in palestra… E cosi via. Un’infiintà di progetti iniziati, ma non portati a termine.

Se va bene, si seguono per qualche settimana, se va male, rimangono solo vane promesse.

Lo dimostrano i dati sul tasso di abbandono delle palestre: il 75 %.

L’aspetto negativo è che sono tentativi che ottengono l’effetto contrario: invece di migliorarci, di farci raggiungere i nostri desideri, ci deprimono e ci scoraggiano, tra sensi di colpa, delusione e rinuncia.

Eppure lo sappiamo bene, i benefici che si traggono da uno stile di vita sano sono indiscutibili: aumento dell’energia, raggiungimento di un peso salutare, miglioramento dell’umore e riduzione dei livelli di stress. Non dimentichiamoci che quando ci sforziamo di avere abitudini salutari, non solo ci sentiamo meglio, ma ci vediamo anche migliori nell’aspetto fisico. Inoltre, quando ci si sente bene, si tende ad avere più successo in ogni settore, lavoro e relazioni personali incluse. Non male come premessa!

Ma allora, perché è così difficile mantenere uno stile di vita sano e migliorare se stessi?

migliorare se stessi

Il copione è sempre lo stesso, si ripete in un ciclo continuo: idea, inizio entusiasta, primi segni di cedimento, abbandono e scoraggiamentomento.

Una via crucis che ci imbruttisce ancora di più, e non ci fa vivere la nostra vita al meglio, ma la sua brutta copia.

Quindi, viene da chiedersi: a è così difficile cambiare abitudini e realizzare i propri desideri? Iniziare un percorso di cambiamento e portarlo a termine?

No, se si seguono alcune regole, che ci aiutano a rimanere focalizzati e ci impediscono di trovare vie di fuga.

CHIEDITI PERCHE’ VUOI CAMBIARE

Vorresti perdere peso? O avere più energia per affrontare le tue giornate? Vuoi prevenire malattie croniche come il diabete o malattie cardiache di cui potresti avere familiarità? Magari tutte insieme? Scoprire la tua vera motivazione rinforzerà il tuo impegno. Ricordati che è necessario fare un cambiamento perché lo si vuole in prima persona e non per fare un piacere a qualcun altro (marito/moglie, altro membro della famiglia, o anche il proprio dottore). Se il cambiamento importa a te, allora avrai più possibilità di successo.

RICONOSCI I TUOI LIMITI

E’ di fondamentale importanza riconoscere i motivi per cui in passato non siamo riusciti a mantenere un comportamento salutare. Forse gli obiettivi prefissati non erano realistici o forse non era il momento giusto perché stavano succedendo troppe cose contemporaneamente. Accettare ciò che è ragionevole e realistico è essenziale per il successo.

A volte sentiamo che dobbiamo fare “tutto o nulla”, ma non è così. Non c’è bisogno di una rivoluzione completa per iniziare a sentirsi meglio. Ogni piccolo cambiamento in positivo, come può essere l’aumento dell’attività fisica, o anche solo l’aumento del consumo di acqua giornaliera è di grande aiuto nel percorso di miglioramento dello stile di vita. Quindi, fai una pausa e rifletti su cosa è davvero realistico e necessario nella tua vita in questo momento.

ORGANIZZATI

Per migliorare se stessi, è importante stabilire degli obiettivi che aiutino a motivarci ogni giorno. Gli obiettivi dovrebbero essere sia a breve che a lungo termine. Per esempio, se l’obiettivo è correre una maratona quando non si ha mai corso prima, allora bisognerà prima fissare un obiettivo a breve termine e ragionevole, come correre 5 km. Questo è anche il primo step su cui lavorare per realizzare la vera e propria maratona.

Ogni obiettivo richiede organizzazione e un piano d’azione.

Inoltre, è importante ricordare che obiettivi come “perdere peso” non portano molto lontano. Anche se può essere un buon inizio, manca l’elemento chiave, cioè COME raggiungerlo. Ogni grande obiettivo dovrebbe essere scomposto in piccoli obiettivi intelligenti. Studi mostrano che questo tipo di procedimento aiuta a raggiungere i propri scopi. 

PENSA POSITIVO

In media, una persona ha circa 50000 pensieri ogni giorno. Si stima che circa l’80% di questi siano negativi e che il 70-80% di questi siano gli stessi del giorno prima. Questo ci mostra che tendiamo costantemente a focalizzarci su cosa abbiamo sbagliato, piuttosto che pensare a come migliorarci. E indovinate un po’? Questo influenza il nostro umore e la nostra salute. Per migliorare se stessi, bisogna pensare positivo.

Mi capita di vedere questo meccanismo in molti pazienti, i quali, nonostante abbiano fatto grandi sforzi e abbiano ottenuto ottimi risultati, continuano a essere troppo severi nei propri confronti. Ciò, per me, rappresenta un’opportunità per sottolineare l’importanza del mantenere un atteggiamento positivo e riconoscere i propri successi. Se, per esempio, capita ancora di esagerare durante alcuni pasti, la verità è che questo accade almeno il 50% delle volte in meno rispetto ad alcuni mesi prima di iniziare il cambiamento. E questo è progresso!

CERCA IL GIUSTO SUPPORTO

Anche il supporto è un elemento fondamentale per avere successo nel cambiamento. Mentre risulta facile crearsi scuse sul perché non siamo riusciti a cambiare, tendiamo a evitare di deludere coloro che contano su di noi. Per esempio, se ci accordiamo con un amico di andare in palestra insieme con una certa frequenza, ci sono buone probabilità di mantenere gli accordi stabiliti. Cerca, dunque, il supporto della tua famiglia, del tuo compagno/a e/o di un tuo amico/a e coinvolgili nel tuo percorso.

Inizia il tuo processo di cambiamento e a migliorare te stesso senza sensi di colpa o eccessiva severità: questa piccola modifica nel tuo atteggiamento, è necessaria per non cadere in negativi circoli viziosi, in cui ci auto-critichiamo severamente, sentendoci sbagliati, incapaci o non all’altezza, con il risultato di essere portati a mollare.

Smetti di essere severo con te stesso, perdonati se qualche cosa non va proprio come l’avevi programmata e mantieni alta la tua motivazione sentendoti assolutamente adeguato a raggiungere il successo che ti meriti!

BIOIMPEDENZIOMETRIA: UTILIZZO E VALIDITA’

BIOIMPEDENZIOMETRIA: UTILIZZO E VALIDITA’

La determinazione della composizione corporea è il presupposto essenziale per la programmazione dell’allenamento su base individuale e per impostare una dieta personalizzata. L’esame della composizione corporea è l’esame della struttura corporea e delle sue componenti. Essa ci permette di quantificare la componente muscolare, ossea e di grasso corporeo, il livello di idratazione (acqua totale), distribuzione di acqua intra ed extracellulare, minerali totali, massa metabolicamente attiva, metabolismo basale correlato alla massa cellulare. L’analisi della composizione corporea, in sostanza, permette di delineare il profilo fisiologico del soggetto. Nell’ambito dello sport e del fitness è fondamentale per elaborare un piano di allenamento e un piano alimentare personalizzati. Tra i metodi di valutazione ci sono la plicometria e la bioimpedenziometria.

VALUTAZIONE DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA

bioimpedenziometria

Per approfondire la conoscenza della composizione corporea è necessario avere ben chiaro che l’organismo può essere suddiviso in compartimenti.

Modello base

  • 2 compartimenti (massa grassa/massa magra – FM/FFM)

Modelli multicompartimentali

  • Elementare – 5 compartimenti (carbonio / idrogeno / ossigeno / azoto / altri elementi)
  • Molecolare – 5 compartimenti (acqua / grasso / proteine / minerali / glicogeno)
  • Cellulare – 5 compartimenti (massa cellulare / solidi extracellulare / acqua extracell. / grasso)
  • Funzionale – 4 compartimenti (muscolo scheletrico / tessuto adiposo / scheletroorgani viscerali e residui).


Nella valutazione della composizone corporea (quindi della massa grassa – FM) i livelli di validità sono 3:

  • I° livello – diretto: dissezione dei cadaveri ed estrazione del grasso con etere
  • II° livello – parzialmente diretto: misurazione di “alcune” quantità mediante densitometria (DEXA) e successiva relazione quantitativa per la stima della FM
  • III° livello – indiretto: rilevazione di una misura (come uno spessore o la resistenza elettrica) e derivazione di un’equazione regressa al II° livello (in realtà sarebbe meglio definirlo doppiamente indiretto).

La plicometria e la bioimpedenziometria sono metodi appartenenti al III° livello di validità e pertanto INDIRETTI; sono ALTAMENTE “campione specifici” in quanto la relazione tra adipe e densità dipende da molte variabili come: idratazione corporea, densità corporea, muscolarità, comprimibilità e spessore dell’adipe, distribuzione del grasso, quantità di grasso intraddominale.

COS’È LA BIOIMPEDENZIOMETRIA?

La bioimpedenziometria (o Body Impedance Analysis, BIA) è la tecnica più utilizzata per misurare la composizione corporea stabilendo la percentuale di massa magramassa grassa e un corretto stato di idratazione del corpo.

Sappiamo che il corpo umano è composto in media per il 65% di acqua e che i tessuti biologici possono comportarsi come conduttori elettrici o, al contrario, come isolanti a seconda della quantità d’acqua che contengono.
I tessuti magri, soprattutto i muscoli,  risultano essere ottimi conduttori, perché contengono una maggiore quantità d’acqua (STIMATA per il 73%) e di elettroliti, mentre i tessuti grassi e quelli ossei sono isolanti.

La bioimpedenziometria, sfruttando la capacità dell’acqua di condurre elettricità, quantifica la resistenza e la reattanza (o conducibilità) dei tessuti umani ad una leggera corrente elettrica e stabilisce così  la percentuale di idratazione, di massa magra e di massa grassa del corpo. La resistenza dipende dai fluidi corporei, la reattanza invece dipende dalla massa cellulare attiva (body cellular mass, BCM)

Se l’acqua totale corporea (TBW = total body water) è molta, la corrente fluisce attraverso il corpo con maggior facilità e minore resistenza. La resistenza è dunque inversamente proporzionale al contenuto idrico (più acqua = meno resistenza).

PRINCIPALI TIPOLOGIE

Il metodo di analisi bioimpedenziometrica più diffuso e routinario è quello della impedenza bioelettrica convenzionale, detta anche BIA convenzionale, che presenta alcuni significativi vantaggi legati alla non invasività, alla rapidità di esecuzione e al costo relativamente basso.
Tuttavia, la BIA convenzionale potrebbe rivelarsi poco adatta perché assume come costante la proporzione di acqua, proteine e minerali nella massa magra, proporzioni che in alcune fasce di età e in situazioni particolari cambiano frequentemente. Tale metodo si basa sull’assunto che la massa magra sia mediamente costituita dal 73% di acqua. Pertanto, una volta acquisita la stima dell’acqua totale corporea (TBW = total body water), analizzando il differente comportamento dei tessuti al passaggio dell’elettricità, si può facilmente ricavare per sottrazione la percentuale di massa grassa. Nell’esame bioimpedenziometrico classico un software trasforma i dati elettrici rilevati in un dato clinico sulla base di algoritmi che tengono conto anche dei valori di riferimento della popolazione e delle misure antropometriche del soggetto, della sua età e del suo sesso.

L’analisi bioelettrica vettoriale dell’impedenza (BIVA) è una metodologia di analisi impedenziometrica messa a punto nella seconda metà degli anni ’90, che utilizza modelli vettoriali e si basa sulle proprietà elettriche dei tessuti senza l’utilizzo di costanti, equazioni e peso corporeo. Queste sue caratteristiche, unitamente al costo contenuto e alla rapidità di esecuzione, rendono la BIVA la tipologia di analisi bioimpedenziometrica maggiormante utilizzata per tutti quei  pazienti che presentano alterazioni delle funzionali renali e/o cardiache, oppure che si trovano in condizioni di estrema malnutrizione,  nonché per i pazienti oncologici e neurolesi,  che potrebbero avere difficoltà ad interagire correttamente o a sopportare esami troppo lunghi. Il referto include una rappresentazione grafica (i vettori) dei valori di resistenza e reattanza corporea normalizzati per l’altezza (nomogramma biavector e nomogramma biagram). Ciò permette quindi una valutazione dello stato di idratazione e nutrizione del soggetto peso-indipendente e senza un calcolo matematico dei dati sulla base della resistenza/reattanza rilevate, quindi senza il postulato del fattore di idratazione costante. Risulta quindi più utile in ambito clinico e nutrizionale e può servire anche per una validazione dei dati del BIA convenzionale.

VALIDITA’ E FATTORI DI ERRORE

Il livello di errore “accettabile” per un’analisi della composizione corporea attraverso la bioimpedenziometria è < 3,5kg per gli uomini e < 2,5kg per le donne.
Il livello di accuratezza e precisione è influenzato soprattutto dalle variabilità intra-strumentali (taratura) e dalle variabilità inter-strumentali (diversi modelli).
Negli impedenziometri a monofrequenza può variare sensibilmente l’INTENSITA’ della corrente alternata (800:500 µA) anche con la stessa frequenza 50KHz, così come l’EQUAZIONE di PREDIZIONE (diversità dei software) e il tipo di CALIBRAZIONE (interna o esterna).
Gli impedenziometri a multifrequenza hanno prezzi certamente superiori di quelli a monofrequenza; utilizzano una tri-frequenza (5-50-100KHz) per misurare resistenza (R) e reattanza (Xc), ma trovano impiego soprattutto nella ricerca scientifica.


In definitiva, per ottenere misure utili alla valutazione della composizione corporea di un soggetto è necessario utilizzare SEMPRE lo stesso strumento e TARARLO SEMPRE prima dell’uso. Meglio utilizzare elettrodi con una superficie di 5cm2 e disporli in modalità a tutto corpo (distale/prossimale).

E’ opportuno specificare che esistono condizioni parafisiolofiche in grado di alterare la rilevazione della composizione corporea. La prima è lo stato di idratazione; è stato osservato che uno stato di digiuno solido e liquido da almeno 5 ore è in grado di modificare la rilevazione sul soggetto. Allo stesso modo, l’esercizio aerobico intenso può determinare una riduzione della resistenza (R) per squilibrio tra gli elettroliti corporei e l’acqua totale; un rapporto a favore degli elettroliti rispetto all’acqua determina una maggior conducibilità. Anche la temperatura corporea influisce significativamente sulla rilevazione con bioimpedenziometria; incrementandola si ha una riduzione della resistenza (R), pertanto, con piressia o ipertermia la bioimpedenziometria NON è attendibile. Infine, la cute sulla quale sono applicati gli elettrodi aumenta la sua conducibilità se pulita con alcol etilico.

Infine, errori di 1 cm nel posizionamento degli elettrodi nel corpo determinano una modifica della rilevazione pari al 2% del totale, così come la temperatura ambientale <14°C può compromettere la stima della massa magra fino a 2,2kg

Per ottenere dati attendibili e ripetibili, il soggetto dovrebbe:

  • ESSERE A DIGIUNO DA ALMENO 4 ORE
  • ESSERE ASTINENTE DALL’ESERCIZIO FISICO DA ALMENTO 12 ORE
  • AVERE LA VESCICA VUOTA
  • ESSERE ASTINENTE DA ALCOL DA ALMENTO 48 ORE
  • ESSERE ASTINENTE DA DIURETICI DA ALMENO 7 GIORNI

BIOIMPEDENZIOMETRIA vs PLICOMETRIA

La BIOIMPEDENZIOMETRIA è, come detto, una metodica incentrata sull’idratazione corporea. In base a questo dato, si ricavano informazioni circa la composizione corporea, e, per sottrazione, alla percentuale di massa grassa.

La PLICOMETRIA è invece una metodica incentrata sul grasso sottocutaneo. Viene rilevato lo spessore delle pliche cutanee in precisi punti del corpo mediante uno strumento, chiamato plicometro, da un operatore addestrato. Le pliche cutanee sono costituite da pelle e, per l’appunto, grasso sottocutaneo.
Tramite questi dati è possibile stimare la massa grassa corporea totale tramite diverse equazioni matematiche.

In entrambi i casi, quindi, MISURIAMO “qualcosa” grazie al quale STIMIAMO “qualcos’altro”, il quale ci consente, con delle assunzioni, di STIMARE la composizione corporea (finalmente).
Entrambe sono, per definizione, soggette ad errori.

Ma quindi qual’è più affidabile?
Per determinare quale delle due è più affidabile è necessario fare un confronto. Ma con cosa? La misura esatta della massa grassa la possiamo ottenere solo con l’autopsia. Meglio di no.
Nella letteratura scientifica il paragone viene spesso effettuato prendendo come riferimento i valori forniti da un’altra metodica più “potente”: la DEXA.
La DEXA è normalmente utilizzata per rilevare il grado di mineralizzazione ossea, ma fornisce informazioni interessanti anche per quanto riguarda la composizione corporea; con la DEXA il margine di errore è inferiore a quello di plicometria e bioimpedenziometria (vi sono meno assunzioni).
Non viene comunemente utilizzata per questo scopo perché è costosa, non portatile e leggermente invasiva (il corpo assorbe comunque una dose di raggi x).

Negli anni sono stati condotti diversi studi comparativi ma, a seconda della popolazione studiata e dei metodi utilizzati, ha prevalso la Plicometria o la Bioimpedenziometria.
Questo perchè è difficile standardizzare: nella Plicometria vi sono diverse equazioni predittive a nella Bioimpedenziometria varia proprio lo strumento utilizzato.
La scelta della metodica più appropriata varia da caso a caso: ad esempio la Plicometria è una modalità vincente nei bambini ma molto fallace nei grandi obesi.
Entrambe presentano vantaggi e svantaggi ma la grande discriminante è questa: nella Bioimpedenziometria è importante che sia buono lo strumento, nella Plicometria che sia buono l’operatore. Purtroppo sono rare entrambe.

MORALE DELLA FAVOLA

Le due metodiche sono diverse e non interscambiabili. Può essere utile effettuarle entrambe, ma i progressi devono sempre essere valutati considerandole come separate.
L’ideale sarebbe:
– esame Bioimpedenziometrico con una Bioimpedenziometria “seria” e verifica dei progressi utilizzando lo stesso strumento nella stessa condizione psicofisica
– esame Plicometrico effettuato da una persona qualificata e verifica dei progressi sempre con la stessa persona.

In ogni caso, ci tengo a specificare che un professionista che non utilizza il bioimpedeniometro non è un buono a nulla. Come abbiamo visto, questo ha più limiti che vantaggi, e il rischio nell’utilizzarlo è quello di perdersi dietro valori (nemmeno così attendibili) che potrebbero far perdere di vista la cosa più importante: i progressi del soggetto.

Da un’ananmesi precisa e puntigliosa, dal confronto di circonferenze e pliche e, soprattutto, dalle sensazioni del paziente allo specchio e tramite il vestiario, si riesce benissimo a capire se si sta andando nella direzione giusta o se sarebbe il caso di cambiare rotta.

Gli strumenti vanno saputi utilizzare. Eseguire un esame “che fa figo” in condizioni errate ( e viste le situazioni standard in cui dovrebbe essere svolto, non è raro che possa capitare) e con strumentazioni non idonee porterebbe solo a maggiore confusione.