FREQUENZA DEI PASTI: Quanto è importante per per dimagrire?

FREQUENZA DEI PASTI: Quanto è importante per per dimagrire?

Secondo l’opinione comune, la perdita di peso è spesso legata alla distribuzione dell’assunzione di cibo nell’arco della giornata, evitando di saltare pasti e combinando i tre principali (colazione, pranzo e cena) con spuntini, prestando attenzione alla qualità e alla composizione degli alimenti.

Molte diete, però, raccomandano un’assunzione più frequente di cibo, con 5-6 pasti al giorno. Ma perché?

In questo articolo, analizzeremo l’effetto della frequenza dei pasti sul metabolismo e sulla perdita di peso.

Frequenza dei pasti: TERMOGENESI INDOTTA DALLA DIETA (TEF)

Secondo alcuni esperti di alimentazione, l’aumento del numero di pasti può influenzare l’Effetto Termico del Cibo (TEF).

Nel contesto del bilancio energetico, il TEF rappresenta il dispendio energetico necessario per assorbire, digerire e metabolizzare i nutrienti del cibo.

Il TEF è particolarmente elevato per gli alimenti ad alto contenuto proteico (circa 25-30%), rispetto ai carboidrati (5-15%) e ai grassi (3-4%).

Tuttavia, è importante notare che queste percentuali possono variare notevolmente da persona a persona, sia a livello metabolico che nella composizione della dieta. Di solito, si assume un TEF medio del 10% come stima generale.

Alcuni sostengono che aumentare la frequenza dei pasti possa favorire la perdita di peso, poiché questo aumenterebbe il TEF. Mangiando più frequentemente, si attiva più volte il TEF, il che potrebbe portare a un maggiore dispendio energetico e, di conseguenza, a una maggiore perdita di peso. Ma quanto è vero tutto ciò? Cerchiamo di scoprirlo attraverso studi scientifici.

Dieta a Isernia
Dietista e Nutrizionista Valentina Rossi

Frequenza dei pasti: cosa ci dice la scienza sulla MIGLIORE FREQUENZA DI PASTI

La ricerca scientifica è particolarmente ricca di studi sull’argomento.

In Uno studio del 1990 è stato studiato l’effetto termico della COMPOSIZIONE e DEL CONTENUTO ENERGETICO (QUINDI CALORICO) del pasto sul TEF su 16 donne femmine non obese (sottolineo non obese perché è stato dimostrato che in condizioni di obesità, l’effetto termico del cibo risulta ridotto rispetto ai soggetti magri).

Ogni soggetto ha consumato 4 pasti diversi, ognuno di questi in un giorno diverso.

I pasti erano ad alto contenuto di carboidrati e basso di grassi, e ad alto di grassi e basso di carboidrati. Il contenuto energetico dei pasti era di 600 e 1200 kcal. Quindi, per capirci meglio:

  • un pasto da 600 kcal ad alti carbo e bassi grassi
  • una pasto da 600 kcal ad alti grassi e bassi carbo
  • un pasto da 1200 Kcal ad alti carbo e bassi grassi
  • un pasto da 1200 Kcal ad alti grassi e bassi carbo

Le proteine erano costanti in tutti i pasti, quello che cambiava era solamente la percentuale di carboidrati e grassi

Mentre il valore del TEF per i pasti a diversa composizione era praticamente uguale, quello per il contenuto energetico risulto diverso: i pasti da 1200 Kcal avevano un TEF maggiore rispetto a quelli da 600.

Quindi, in questo studio, non c’era stato nessun effetto significativo della composizione del pasto sul TEF, mentre il contenuto energetico dei pasti lo aveva influenzato in maniera significativa.

E qui, il primo concetto: il TEF è significativamente influenzato dal contenuto energetico di un pasto piuttosto che dalla sua composizione.

Un altro studio molto interessante è del 2013.

L’obiettivo dello studio era quello di andare a verificare se la frequenza dei pasti potesse in qualche modo influenzare la composizione corporea. In particolare, lo studio andava a valutare l’effetto del consumo di 3 o 6 pasti al giorno sull’ossidazione dei grassi nelle 24 ore, oltre ad analizzare le sensazioni soggettive sul controllo della fame.

Bene, non ci furono differenze nella spesa energetica nelle 24 ore e sull’ossidazione dei grassi tra il gruppo che ne consumava 3 e quello che ne consumava 6. Ma anzi, in quello che ne consumava 6, quello che i ricercatori chiamarono “desiderio di mangiare” fu più alto.

Quindi, consumare pasti più piccoli ma più frequentemente è spesso un suggerimento che ci viene dato da medici, nutrizionisti, e non nascondo che fino a qualche anno fa anche io lo davo, perché è quello che ci insegnano all’università, semplicemente perché è ritenuto un buon comportamento alimentare, utile per il controllo del peso corporeo.

Lo studio analizzato, e molti altri ancora, suggeriscono invece che questa pratica non solo non ha vantaggi sulla composizione corporea, ma che in alcuni soggetti potrebbe avere effetti negativi sul controllo della fame e della sazietà.

Nel 2015, 3 ricercatori presero una grandissima mole di studi degli ultimi 50 anni e li misero a confronto, e videro che non c’era alcuna evidenza che, a parità di calorie, fare pasti più frequenti durante la giornata aiuti a perdere peso (grasso). Questa è una review, ossia un insieme di studi messi insieme e di cui vengono valutati i singoli risultati, per poi trarre una conclusione

In sostanza, mentre è certo che un pasto più abbondante aumenta l’effetto termogenico degli alimenti, a prescindere dalla composizione in macronutrienti del pasto, la frequenza e il numero dei pasti non ha nulla a che vedere con il maggior dispendio energetico.

Perciò, la frase “fare 5 pasti al giorno aumenta il metabolismo” è solamente fantasia.

Dieta a Isernia
Dietista e Nutrizionista Valentina Rossi

QUANTI PASTI DEVO FARE PER DIMAGRIRE: CONCLUSIONI

Frequenza dei pasti:

Non esiste una ricetta magica che ci dia il numero esatto della frequenza dei pasti!!!

Lo scopo di questo articolo non è né quello di costringervi a fare 3 pasti abbondanti né quello di farne 5, 6 o 10.

Sarebbe completamente errato imporre una frequenza dei pasti ad un soggetto, stravolgendo completamente le sue abitudini, soprattutto se non ci sono evidenze scientifiche che ne dimostrano l’efficacia.

A parità di calorie, fare 3 pasti o 10 sarà la stessissima cosa: quello che conta è il numero di calorie assunte.

Se vi trovate bene a magiare 6 pasti al giorno, a patto che non eccediate con le calorie, va benissimo così. Ma se non siete abituati agli spuntini, non lasciate a nessuno di potervelo imporre, e ora sapete anche perché.

Personalizzare una dieta significa proprio questo: adattare quello che funziona alle abitudini del soggetto. Se non sono abituata a consumare spuntini, difficilmente riuscirò a portare la dieta avanti per un tempo necessario per perdere peso. Quindi, siccome fare spuntini non accelera il metabolismo né fa passare la fame, perché essere costretti a farlo?

LA DIETA DI MANTENIMENTO

LA DIETA DI MANTENIMENTO

In un percorso che prevede il raggiungimento del peso forma e di una composizione corporea adeguata, la dieta di mantenimento è forse la tappa più importante.

Se però nella teoria, tutti (o quasi) ne riconoscono l’importanza, nella pratica, pochissmi soggetti sono giunti ad iniziare e terminare questo step.

La domanda sorge spontanea: perchè la dieta di mantenimento viene quasi sempre abbandonata prima ancora di iniziarne a vedere gli effetti tangibili?

In questo articolo parleremo della dieta di mantenimento e di quanto sia importante in un percorso di dimagrimento e stabilizzazione del peso.

GLI EFFETTI DELLA DIETA IPOCALORICA

Immaginiamo di aver iniziato un percorso di dimagrimento e di aver perso, dopo un anno di sacrifici, i chili di troppo. Che cosa è successo in questo lasso di tempo al nostro corpo?

Facciamo un esempio pratico, così da capirci meglio.

La signora Pina è in sovrappeso, vuole dimagrire e si reca da un dietista. Dall’anamnesi personale e dietetica e dalle misurazioni corporee, risulta che la signora Pina ha un fabbisogno energetico di 1700 Kcal. Con queste calorie, la signora Pina non ingrasserebbe nè dimagrirebbe, semplicemente il suo peso rimarrebbe stabile.

Se però la signora Pina è in sovrappeso,vuol dire che normalmente mangia più calorie rispetto al suo fabbisogno: c’è quindi la necessità di tagliare un certo numero di calorie per permetterle di perdere il peso in eccesso.

Le viene consegnata una dieta da 1400 Kcal e, nel giro di 1 anno, la nostra signora Pina riesce finalmente a tornare al suo peso forma.

FINE.

La maggior parte dei percorsi di dimagrimento termina proprio in questo preciso momento. Le persone hanno un obiettivo, ci lavorano, si sacrificano, lo desiderano, e in molti lo raggiungono.. e poi? E poi semplicemente credono di aver finito.

Da questi presupposti, deriva il dato più allarmante per quel che riguarda gli effetti delle diete ipocaloriche: più del 70 % dei soggetti che dopo una dieta riescono a perdere peso, lo riacquistano nei successivi 6-12 mesi.

Questo è dovuto al fatto che, una volta raggiunto l’obiettivo, i soggetti tendono a tornare alle abitudini antecedenti alla dieta o, semplicemente, a mangiare di più, senza un percorso di riavvicinamento calorico e di mantenimento e stabilizzazione del peso.

Durante una dieta ipocalorica, vi è un imprescindibile calo del tasso metabolico, e il fattore determinante è la perdita di peso stessa: un corpo più leggero, bruciando meno calorie a riposo, subisce una fisiologica riduzione delle richieste energetiche giornaliere.

Se ci aggiungiamo l’intervento dei famosi adattamenti alla perdita peso, che ci porterebbe a mangiare di più e a muoverci di meno e che dopo un periodo di ipocalorica protratta sono inevitabili, ci rendiamo conto che se la signora Pina si fermasse a questo punto, senza iniziare un percorso di mantenimento, potrebbe mandare in fumo 1 anno di sacrifici e rinunce.

DIETA DI MANTENIMENTO: CHE COS’E’

Risultato immagini per dieta di mantenimento

Per dieta di mantenimento intendiamo una dieta che ci consenta di introdurre più o meno le calorie di cui necessitiamo per mantenere il peso corporeo.

E’ una sorta di “periodo di transizione” da un’alimentazione restrittiva ad una più “permissiva” rispetto al quantitativo di calorie che può essere assunto giornalmente.

Nella dieta di mantenimento si assume gradualmente un quantitativo calorico maggiore, normocalorico, rispetto a quello precedentemente consumato. Non è, infatti, finalizzata all’ulteriore perdita di peso, bensì permette di mantenere nel tempo l’obiettivo raggiunto.

Così come la perdita di peso deve essere graduale per essere equilibrata ed efficace, allo stesso modo anche il ritorno ad una dieta normocalorica deve avvenire in maniera progressiva, mai drastica.

Questo tipo di regime alimentare non si basa, come la dieta dimagrante, sul controllo delle calorie in modo che ne sia assunto il giusto quantitativo, ma deve portare gli individui ad acquisire un’adeguata istruzione alimentare che abbia come obiettivo ultimo quello di perseguire e mantenere un buono stato di salute.

Non si può stare a dieta tutta la vita, e le regole di un’ipocalorica si discostano enormemente da quella che dovrebbe essere un’alimentazione sana e bilanciata. Quello che il mantenimento deve insegnare è non pensare più alla dieta come ad un regime ristretto, ma come a un’educazione alimentare.

IL MANTENIMENTO MI FARA’ INGRASSARE?

Per rispondere a questa domanda, torniamo un attimo all’esempio della signora Pina.

La sua dieta ipocalorica era di circa 1400 Kcal, mentre il suo fabbisogno stimato era di 1700 Kcal. Con un deficit di 300 Kcal, la signora Pina ha perso peso.

La perdita di peso ha portato con sè tutta una serie di “controindicazioni” metaboliche che, se mal gestite, porterebbero ad un riacquisto rapido e inevitabile del peso corporeo. Tra questi, quelli principali sono:

  • Diminuzione della massa corporea e, come conseguenza, del metabolismo basale
  • Riduzione dei livelli di leptina e insulita, come conseguenza della perdita di massa grassa
  • Riduzione del dispendio energetico, perchè si mangia di meno

Con questi presupposti, il riacquisto del peso perso è dietro l’angolo.

Cosa facciamo adesso?

Impostiamo una dieta di mantenimento che GRADUALMENTE e IN MANIERA INTELLIGENTE riporti la signora Pina alle sue 1700 Kcal, che è un quantitativo che le permetterà di mantenere il peso raggiunto. Gradualmente perchè è essenziale non rompere in maniera brusca i nuovi equilibri a cui il nostro organismo si è adattato. In maniera intelligente perchè bisogna sapere cosa e come aumentare, per evitare spiacevoli riscontri.

Quindi, finchè la signora Pina mangerà le sue 1700 Kcal, non potrà assolutamente ingrassare!

Anzi, vi dirò di più: la dieta di mantenimento servirà proprio a non farvi ingrassare!

Strutturando un programma bilanciato che in maniera graduale vi riporti al vostro fabbisogno, prenderete consapevolezza di quelle che sono le vostre porzioni “non da dieta”, imparerete a reinserire alcuni alimenti eliminati in maniera corretta, e migliorerete il vostro stile di vita in toto.

Tutto questo ha però bisogno di TEMPO. Tempo per arrivare alle calorie di mantenimento, tempo per stabilizzare il peso su quelle calorie, tempo per imparare ad introdurre dei cambiamenti al nostro stile di vita in generale.

Ed è proprio per una questione di TEMPO che la maggior parte delle persone non arrivano mai nemmeno ad iniziare un percorso di mantenimento.

ALLA FINE DELLA FIERA..

Riuscire a dimagrire dopo una dieta non è così difficile: basta seguire le indicazioni che ci vengono fornite in maniera costante. La parte difficile è mantenere quel risultato, perchè presuppone un prolungamento di quello che per alcuni è un percorso che può durare anni.

Quello che bisogna capire è che non c’è ipocalorica senza mantenimento. Le due cose vanno di pari passo. Non si sceglie o l’una o l’altra.

Se la dieta è stata affrontata con il vecchio stato d’animo e non sono state comprese a fondo le ragioni per cui si è cambiata alimentazione, si rischierà di veder crollare dopo pochi mesi tutti i risultati faticosamente raggiunti. Se al contrario la dieta è stata anche l’occasione per stabilire un rapporto diverso con il cibo, il periodo successivo non potrà che suggellare i risultati ottenuti.

L’aspetto più importante del mantenimento, non sta nel cibo, ma nella mentalità con cui lo si affronta. Anche se la dieta è stata vissuta come una “lotta”, una “gara”, un periodo “funzionale a”, il mantenimento deve essere vissuto come un inizio: l’inizio di un nuovo stile di vita alimentare.

Il mantenimento non ha una durata: deve continuare fino a quando le esigenze e le funzioni metaboliche non cambiano nuovamente.
Mentre nella dieta è giusto seguire uno schema rigido imposto “dall’alto”, il mantenimento deve vedere il soggetto farsi parte attiva delle sue scelte.
Se la dieta era un piano diviso giorno per giorno o addirittura ora per ora, il mantenimento deve essere una griglia contenente delle indicazioni volte a rendere il soggetto autonomo ed in grado di auto-gestire la sua alimentazione.

Ultimo, ma non per importanza, il ruolo del mantenimento nell’aiutarci a non dover stare a dieta, probabilmente mai più: se capiremo che per vivere non abbiamo bisogno di esagerare con il cibo e che l’importante non è mangiare ma nutrirci, non avremo bisogno di ripetere faticose diete dimagranti, perché saremo in grado di dare al nostro corpo tutto ciò di cui ha bisogno per stare bene ed in salute. E tutto questo non è l’ipocalorica che ce lo insegna, ma il percorso di mantenimento.