Una delle domande che più spesso mi viene posta è “Qual è la dieta migliore per dimagrire?”.
E’ un po’ come chiedere “Qual è l’auto migliore?”
… DIPENDE!
La miglior macchina per una famiglia con bambini non sarà certamente la stessa per un uomo il cui unico scopo è quello di impressionare quante più donne possibili.
E lo stesso vale per la dieta. Il meglio può essere definito solo in relazione al contesto specifico. Ciò che è meglio per un principiante obeso non è lo stesso per un atleta o un bodybuilder magro. E ci sono molti altri fattori che vanno considerati per decidere se quel dato approccio dietetico può essere considerato il migliore in un dato contesto.
Oggi vorrei affrontare con voi alcuni dei fattori generali che andrebbero presi in considerazione per rendere una dieta realmente vincente.
DIETA PER DIMAGRIRE: GLI OBIETTIVI
In generale, uno degli obiettivi di una dieta dovrebbe essere la perdita di peso, ma questo è più concettualizzato come miglioramento della composizione corporea. Nella stragrande maggioranza dei casi, ciò significa massimizzare la perdita di grasso e mantenere o, in alcuni rari casi, aumentare la massa magra. Sì, ci sono casi in cui una perdita di massa magra è considerata accettabile, ad esempio negli stati più avanzati di obesità, ma, al di fuori di questo, l’obiettivo di una corretta dieta non dovrebbe essere semplicemente la perdita di peso, ma piuttosto la perdita di grasso.
Ovviamente una dieta non dovrebbe sacrificare la salute e questo significa garantire quantità sufficienti o almeno adeguate di tutti i nutrienti essenziali: ciò significa quantità sufficienti di proteine alimentari, acidi grassi essenziali e vitamine / minerali (di solito ottenuti da frutta e / o verdura). Tutto il resto è, a rigor di termini, facoltativo, nel senso di essere nutrizionalmente richiesto. Ma qualsiasi dieta che non soddisfa almeno questi tre requisiti (proteine, EFA, micronutrienti), non è una buona dieta.
Quali sono i requisiti di una buona dieta per dimagrire?
In un mondo ideale, una buona dieta potrebbe smussare o almeno aiutare a controllare la fame. Questo è spesso più facile a dirlo, soprattutto nelle ultime fasi di un percorso dimagrante, ma qualsiasi dieta decente per la perdita di grasso dovrebbe almeno tentare di affrontare il problema della fame; ed è chiaro che alcuni modelli dietetici sono migliori di altri in questo senso.
Allo stesso modo, una dieta dovrebbe almeno corrispondere alle preferenze alimentari del soggetto; ovviamente ci deve essere qualche restrizione, altrimenti non sarebbe una dieta, ma aspettarsi che le persone mangino cibi che a loro non piacciono è generalmente la ricetta perfetta per il fallimento.
Per gli individui attivi vi è una preoccupazione aggiuntiva per il mantenimento delle prestazioni fisiche durante una dieta. Questo è ancora più importante per gli atleti. Essere in grado di mantenere una performance di alta qualità è importante per una serie di motivi e le diete possono modificare questa capacità; il tipo di esercizio che viene svolto ha anche un impatto su questo. Trovare un equilibrio tra dimagrimento e mantenimento delle prestazioni fisiche non è per nulla facile.
Infine, una dieta ideale per la perdita di grasso dovrebbe fornire almeno qualche possibilità di consentire al soggetto, una volta in mantenimento, di non riguadagnare tutto il peso e il grasso persi. Certamente questo non si riduce alla dieta stessa , ma è importante. La dieta per il dimagrimento non deve necessariamente essere identica all’approccio per il mantenimento , ma essere in grado di passare dalla dieta vera e propria al mantenimento senza enormi cambiamenti tende ad essere benefica; le abitudini alimentari stabilite durante la dieta stessa possono fungere da “base” per l’approccio di mantenimento.
In ogni caso, gli unici requisiti che a mio parere rendono una dieta non perfetta, ma sicuramente efficace, sono:
1) Lo squilibrio tra input e output energetico. Se non c’è deficit di energia, nessun grasso andrà perso.
2) Fornire i nutrienti essenziali: proteine, grassi essenziali e micronutrienti
Vorrei anche ricordare che la combinazione di dieta ed esercizio fisico tende ad essere superiore alla sola dieta. Molte persone hanno perso peso / grasso senza di esso, semplicemente generando un deficit dall’alimentazione, ma i benefici dell’attività fisica vanno ben oltre la mera perdita di peso.
Tutto il resto, quindi frequenza del pasto, schema del pasto, tutte le cose a cui le persone tendono ad aggrapparsi non sono essenziali; possono essere di certo utili, ma non è da questi fattori che dipende la buona riuscita di una dieta.
DIETA MIGLIORE PER DIMAGRIRE: ESISTE?
Tutte le diete, se rispettano i due fattori sopra citati, funzionano e anche bene.
Detto ciò, ci sono sicuramente alcuni fattori da considerare nella scelta di un approccio dietetico specifico, che cambieranno in base al tipo di soggetto e alle personali esigenze.
LA FAME
Diete differenti controllano la fame in misura migliore o minore.
Le proteine sono il fattore chiave per smorzare la fame, ma sembra esserci una differenza tra individui magri e obesi in base a quali ormoni hanno un impatto maggiore; poiché i diversi nutrienti influenzano gli ormoni della fame in modo diverso, per estensione ciò significa che gli obesi possono fare più facilmente diete differenti rispetto alle persone magre.
Data la tipica resistenza a leptina e insulina negli obesi, questo non è sorprendente. Ma c’è spesso una grande differenza individuale in tutto questo. Non è sempre correlato ai livelli di grasso corporeo, anche se tende a essere facilmente coinvolto a causa del prossimo fattore: la sensibilità all’insulina.
SENSIBILITA’ ALL’INSULINA
L’insulina svolge molti ruoli all’interno del nostro corpo e la sensibilità relativa alle sue funzioni ha un impatto su tutti questi aspetti. Soggetti con bassa sensibilità all’insulina spesso sovraproducono insulina, e ciò potrebbe essere l’ideale per abbinare la dieta a questo aspetto. Sfortunatamente, è difficile determinarlo al di fuori del laboratorio.
Certamente l’insorgenza di insulino-resistenza / sovre-secrezione di insulina è strettamente correlata all’obesità, ma questo non è universale; le persone magre possono essere resistenti all’insulina (geneticamente) e gli individui obesi possono avere una normale sensibilità all’insulina. Quindi non ci sono garanzie.
Alcune linee guida generali suggerisco quanto segue:
Se ti ritrovi ad avere sonnolenza o sbalzi di energia con un’elevata assunzione di carboidrati, questo tende ad essere indicativo di una scarsa sensibilità all’insulina o di un eccesso di rilascio di insulina e viceversa. Se ti senti energico con livelli di energia stabile a carboidrati più alti (o se provi una forte sensazione di sazietà) sei quasi sicuramente sensibile all’insulina (e probabilmente alla leptina).
Per le persone che praticano allenamento con i pesi, se ottengono un buon pump e pienezza muscolare dopo una maggiore assunzione di carboidrati, probabilmente hanno una buona sensibilità all’insulina; le persone che tendono a gonfiarsi spesso hanno una scarsa sensibilità all’insulina.
Sia chiaro, quanto sopra non è assolutamente una regola, ma solo un modo approssimativo per stimare la sensibilità o la resistenza all’insulina.
In linea generale, gli individui con una buona sensibilità all’insulina sembrano reagire meglio a diete ricche di carboidrati e viceversa; le persone con scarsa sensibilità all’insulina performano meglio con carboidrati bassi e grassi più alti, e in questo caso meglio è su tutta la linea: migliore soppressione della fame, livelli energetici più stabili, aderenza più semplice e, per questo motivo, spesso una maggiore perdita di grasso.
LIVELLI DI GRASSO CORPOREO
Naturalmente, i livelli di grasso corporeo hanno un impatto su molti fattori correlati a questo, come ad esempio la sensibilità all’insulina: generalmente questa peggiora con l’aumento dei livelli di grasso corporeo, ma, come detto in precedenza, questo non è universale.
Ancora più importante, gli individui con elevati livelli di grasso corporeo non perdono tanta massa magra in dieta e non devono preoccuparsi altrettanto del consumo totale di proteine (ne richiedono anche meno); persone più snelle che cercano di diventare molto magre hanno invece un enorme problema con la perdita di massa magra.
C’è anche il problema del grasso corporeo ostinato e questo è particolarmente vero per il grasso localizzato nella parte inferiore del corpo, problema che affligge principalmente delle donne. La fisiologia specifica di quel grasso spesso richiede uno specifico approccio dietetico, formativo o integrativo, per mobilizzarlo e bruciarlo efficacemente. Gli uomini, in generale, non hanno bisogno di altrettante variazioni, anche se spesso traggono vantaggio da approcci leggermente diversi.
ESERCIZIO FISICO
Ed infine c’è l’esercizio fisico, troppo spesso male interpretato o, ancora peggio, ignorato. Non può esserci una dieta per dimagrire senza un adeguato esercizio fisico.
Un principiante che inizia un programma di esercizi a basso livello o che svolge solo attività a bassa intensità ha requisiti molto diversi da un atleta magro che esegue un certo volume di esercizi ad alta intensità, e questo ha un impatto significativo sulla scelta alimentare (l’esercizio migliora anche la sensibilità all’insulina al di fuori dei livelli di grasso corporeo).
E la parte divertente è spesso che le considerazioni di cui sopra interagiscono o si contraddicono a vicenda. Un atleta coinvolto in un allenamento pesante che è geneticamente insulino-resistente può aver bisogno di avere carboidrati bassi a causa della sua condizione, ma ha anche bisogno di avere carboidrati più alti per supportare l’allenamento.
QUAL E’ QUINDI QUESTA FAMIGERATA DIETA PER DIMAGRIRE?
.. DIPENDE!
La dieta migliore è quella che più si adatta a voi.
Ciò però non deve prescindere dai due concetti basilari che rendono ogni dieta efficace: il deficit calorico e il giusto apporto di nutrienti essenziali.
Il resto dipenderà da tutte le sfumature che abbiamo visto in precedenza, e che dipendono principalmente dal soggetto in questione.
Ciò che renderà una dieta perfetta sarà semplicemente la sua affinità alle vostre caratteristiche. La dieta per dimagrire adatta a tutti, è un sogni che non si realizzerà mai. Siamo tutti diversi, e proprio per questo ogni dieta sarà differente, e funzionerà in maniera differente per ognuno di noi.
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Iniziamo questo viaggio insieme, verso la tua consapevolezza alimentare.
La dieta chetogenica, ormai sulla bocca di tutti come soluzioni per ogni male, molte volte, anzi nella maggioranza dei casi, viene confusa con diete low carb.
Storicamente, le strategie dietetiche che limitano i carboidrati sono state generalmente utilizzate per la perdita di peso, ma il loro utilizzo in campo strettamente medico è ben più ampio e radicato. Le diete low carb vengono utilizzate in pazienti con prediabete e diabete di tipo 2 per migliorare il controllo glicemico e altri fattori di rischio cardiometabolico (ad es. ipertensione e dislipidemia aterogena);
Esistono poi sono poi benefici potenziali di tali diete per altre condizioni (acne, cancro, malattie neurologiche e sindrome dell’ovaio policistico) e anche per il miglioramento delle prestazioni nei soggetti atletici. Sono stati segnalati casi aneddotici di miglioramento dell’umore, della funzione cognitiva e dei livelli di energia, che però non sono stati generalmente supportati dai risultati degli studi controllati. Inoltre, le diete a bassissimo contenuto di carboidrati sono diventate popolari a causa della percezione (alquanto discutibile) che esse siano modelli dietetici più sani di quelli attualmente raccomandati. Di diete a basso consumo di carboidrati ne esistono a miglialia. In alcune i glucidi sono molto bassi, ma non hanno (apparenti) limitazioni di proteine e grassi alimentari ( dieta tipo Atkins), mentre altre consentono l’assunzione moderata di carboidrati con concomitante moderata assunzione di proteine e grassi (ad esempio, South Beach, Zone).
Le più recenti diete a bassissimi carboidrati limitano l’apporto proteico in maniera tale da indurre la chetosi, senza limitare l’apporto lipidico o le calorie totali.
Per quanto riguarda invece la famosissima dieta chetogenica, probabilmente non molti sanno che essa è stata ampiamente utilizzata per il trattamento dell’epilessia infantile fin dagli anni ’20.
MA CHE COSA INTENDIAMO PER “BASSO CONTENUTO DI CARBOIDRATI”?
La terminologia e le definizioni utilizzate per le diete low carb variano considerevolmente e sono spesso definite in base alla percentuale di energia giornaliera totale (TDEE) da carboidrati e / o dall’assunzione assoluta degli stessi.
In questo contesto, definiamo una dieta low carb come un protocollo in cui l’assunzione di carboidrati si ritrova al di sotto del limite inferiore del range di distribuzione dei macronutrienti accettabile per una popolazione adulta sana (45–65% TDE) .
Definiamo quindi una dieta a carboidrati moderati una dieta che fornisce il 26–44% di carboidrati del TDEE (130–225 grammi CHO/die per la dieta di riferimento di 2000 kcal), una dieta a basso contenuto di carboidrati dal 10 al 25% (50–130 grammi CHO/die) e una dieta a bassissimo contenuto di carboidrati come <= 10%(50 grammi CHO/die).
DIETA CHETOGENICA: DEFINIZIONE
E’ importantissimo sottolineare che le diete a basso e moderato contenuto di carboidrati che hanno allo stesso tempo un moderato o alto contenuto di grassi e, soprattutto, un alto contenuto di proteine, non comportano chetosi e non possono automaticamente essere definite chetogeniche.
Per poter valutare se una dieta induce o meno chetosi, potendola definire dunque come “Dieta Chetogenica” ci si basa sul suo rapporto chetogenico, ossia il rapporto della somma di fattori chetogenici rispetto alla somma di fattori anti-chetogenici, esplicato dalla seguente formula:
Ketosis Ratio= (0.9 F + 0.46 P) / (1.0 C + 0.58 P + 0.1 F)
F sono i grammi di grasso
P sono i grammi di proteine
C sono i grammi di carboidrati
Il rapporto che induce costantemente la chetogenesi è di >= 2, mentre 1,5 corrisponde tipicamente alla soglia inferiore del range chetogenico.
Dieta Chetogenica, è rapporto chetogenico.
Zilberter e Zilberter ( Ketogenic ratio determines metabolic effects of macronutrients and prevents interpretive bias. Front Nutr. 2018;5: 75. ) hanno esaminato 62 studi che riportavano prescrizioni di interventi dietetici descritti come “chetogenici”, ed hanno scoperto che solo 25 dei 62 studi avevano un rapporto chetogenico >1.5, che illustra la complessità dell’interpretazione delle prove disponibili sulla dieta chetogenica, molti dei quali sembrano derivare da indagini che non hanno realmente valutato tale dieta. Le diete low carb generalmente consentono il consumo di alimenti contenenti carboidrati che sono componenti di schemi dietetici cardioprotettivi, tra cui verdure, frutta, cereali integrali, noci, semi e legumi. Questi alimenti sono importanti fonti di fibre, magnesio, vitamine del gruppo B e composti bioattivi, come i polifenoli, tutti i quali sono stati associati a minori rischi di dislipidemia, eventi aterosclerotici delle malattie cardiovascolari e incidenza di diabete di tipo 2.
Cosa troviamo in giro?
La più popolare versione di dieta cheogenica prevede un basso contenuto di carboidrati ( circa 20-50g/die o 5-10% del TDEE), un alto contenuto di grassi (70-80% del TDEE), enfatizzando quindi la sostituzione dei carboidrati con i grassi.
Il raggiungimento della chetosi è altamente individuale, tanto che in alcune persone può essere necessario un apporto di CHO inferiore a 20g/die. Inoltre, ad un dato livello di assunzione di CHO, la quantità di proteine sembra influenzare il grado di chetosi a causa di alcuni aminoacidi utilizzati dal nostro organismo per la gluconeogenesi (produzione di glucosio ex novo) e che sono in grado di stimolare la secrezione di insulina, che può a sua volta ridurre la produzione di chetoni da parte del fegato.
Pertanto, le attuali diete chetogeniche hanno generalmente un moderato apporto proteico (1,2–1,5 g/kg /die).
Non si danno particolari indicazioni sul tipo di grasso da utilizzare, che può comportare un elevato apporto di acidi grassi saturi e colesterolo. Inoltre, la severa restrizione di carboidrati limita automaticamente l’assunzione di verdure, oltre ad eliminare completamente la maggior parte di frutta, legumi e cereali integrali, i quali sono alimenti associati a ridotto rischio cardiometabolico.
DIETA CHETOGENICA: IMPATTO DELLA CHETOSI SUL METABOLISMO ENERGETICO
Il glucosio è in genere l’unico combustibile per il cervello umano, in quanto gli acidi grassi non possono attraversare la barriera ematoencefalica. Quando l’assunzione di carboidrati è adeguata, l’insulina promuove la lipogenesi e sopprime la produzione di corpi chetonici;
La concentrazione di chetoni è molto bassa (<0,3 mmol / L) rispetto al glucosio ( 4 mmol / L). Dopo alcuni giorni di grave restrizione di carboidrati (<20 g/d), la produzione di glucosio nell’organismo attraverso la gluconeogenesi diventa insufficiente e il sistema nervoso centrale (SNC) richiede un’ulteriore fonte di energia. Durante l’assunzione limitata di carboidrati, si verificano la riduzione dei livelli di insulina e l’aumento concomitante di quelli del glucagone, il che influisce sulle vie metaboliche epatiche, con conseguente riduzione della lipogenesi e aumento dell’ossidazione mitocondriale di acidi grassi.
L’aumentata ossidazione di acidi grassi provoca la sovrapproduzione di acetil-CoA e la produzione di corpi chetonici nei mitocondri epatici. L’acetoacetato è il principale corpo chetonico prodotto e viene convertito in b-idrossibutirrato e acetone.
La chetosi a livello emtico è generalmente definita dal livello di b-idrossibutirrato > 0,3 mmol / L.
I corpi chetonici sono utilizzati come fonte di energia per tutti i tessuti, soprattutto dal muscolo scheletrico e cardiaco, e, poichè essi hanno un legame di affinità simile al trasportatore di glucosio al cervello, vengono utilizzati dallo stesso come fonte di energia quando raggiungono una concentrazione plasmatica di circa 4 mmol / L.
Sulla base di ricerche che esaminano gli effetti delle diete che prevedono u semi-digiuno e carboidrati molto bassi, l’adattamento metabolico alla chetosi richiede due settimane o più per raggiungere un livello di chetoni allo stato stazionario.
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Dopo tali considerazioni, prettamente teoriche e anche abbastanza noiose, ma assolutamente necessarie per poter capire al meglio di cosa si sta parlando, è giunto il momento di tirare le somme: cosa dicono gli studi nei riguardi della tanto osannata dieta chetogenica? Vediamole insieme.
Per prima cosa, consideriamo gli effetti delle diete a basso e bassissimo contenuto di carboidrati sulla perdita di peso:
Le diete ipocaloriche a breve termine (< 6 mesi) a basso e bassissimo contenuto di CHO possono comportare una maggiore perdita di peso rispetto alle diete ipocaloriche a elevato contenuto di CHO e basso contenuto di grassi
Risultati a più lungo termine (>6 mesi) suggeriscono che bassi livelli di CHO possono causare perdita di peso equivalente a quello delle diete HighCarbsLowFat (alti carboidrati e grassi bassi). Le diete a CHO molto basso sono difficili da mantenere e non lo sono
Le diete con carboidrati molto bassi (chetogeniche) sono molto difficili da mantenere e non hanno mostrato una perdita di peso superiore rispetto alle diete che consentono una maggiore quantità di CHO negli adulti con sovrappeso e obesità con o senza diabete.
Il mantenimento a lungo termine di un qualsiasi intervento di perdita di peso è difficile, ma aderire a quelle in cui i carboidrati sono bassi e soprattutto molto bassi risulta ancora più complesso.
Le preferenze personali devono essere considerate al momento della selezione una dieta dimagrante.
Per quanto riguarda gli effetti sulla composizione corporea, gli studi ci dicono che:
La chetosi è associata ad una consistente perdita di acqua corporea.
La perdita di peso iniziale che si verifica con diete a basso contenuto di carboidrati è principalmente dovuta alla perdita di acqua corporea.
Tutti gli interventi di dimagrimento con restrizione di carboidrati sembrano comportare una maggiore perdita di massa magra rispetto a diete ipocaloriche bilanciate con più macronutrienti.
Un maggiore contenuto proteico nelle diete a basso contenuto di carboidrati è associato ad una minor perdita di massa magra.
Sono anche da considerare i principali problemi di sicurezza associati a questo tipo di diete, comprese la chetogenica, che variano ovviamente a seconda del livello di restrizione glucidica e delle caratteristiche individuali.
Con questo tipo di protocolli dietetici, i disturbi gastrointestinali tendono ad essere gli effetti collaterali più comuni, tra cui costipazione, nausea e dolore addominale, che sono generalmente sperimentati nelle prime settimane.
In alcuni soggetti possono sperimentare i sintomi descritti come “influenza cheto” entro 2- 4 giorni dall’inizio di una chetogenica, che può verificarsi come adattamento del corpo all’utilizzo dei chetoni come carburante energetico, con una durata che va da alcuni giorni ad una settimana, e che comprende sintomi come vertigini, affaticamento, difficoltà di allenamento, sonno scarso e costipazione.
Altri effetti avversi che sono stati fortemente segnalati includono:
mal di testa
rash cutaneo
crampi muscolari
debolezza
diarrea
disidratazione
ipoglicemia
aumento dei livelli di acido urico nel sangue e carenze di vitamine / minerali
L’aumento della minzione può portare a livelli ridotti di elettroliti, inclusi sodio, magnesio e potassio, e può essere associato a sintomi di ipovolemia, nonché vertigini legate alla necessità di ridurre i farmaci per l’ipertensione e / o l’iperglicemia.
Le diete Low CARB inoltre portano ad un’alta variabilità nella risposta del colesterolo LDL. Studi di interazione gene-nutriente dimostrano che la genetica può contribuire alla variabilità individuale nella risposta dei lipidi/lipoproteine agli interventi dietetici. Di notevole preoccupazione è l’utilizzo delle diete chetogeniche nei pazienti con ipercolesterolemia, in particolare l’ipercolesterolemia familiare (FH). I pazienti con tale disturbo hanno una predisposizione genetica all’aumento dei livelli di LDL con diete low carb e diete chetogeniche. Tali protocolli non sono in genere terapie nutrizionali congruenti per la terapia nutrizionale medica raccomandata per questi pazienti, che include una riduzione di acidi grassi saturi, acidi grassi trans, e colesterolo alimentare. A causa dell’imprevedibile risposta del colesterolo LDL a queste diete, a tutti i pazienti che scelgono di seguire tali approcci dovrebbero essere valutati i profili lipidici basali e di follow-up delle lipoproteine Alcuni pazienti con grave ipertrigliceridemia possono avere cause genetiche o acquisite della disfunzione o carenza della lipoproteina lipasi, con predisposizione all’ipercilomicronemia e pancreatite acuta. In questi pazienti, uns chetogenica potrebbe causa chilomicronemia e precipitare in pancreatite. I pazienti con iperchilomicronemia devono aderire a protocolli dietetici con un bassissimo contenuto di grassi (10-15% di TDEE o, 15-20 g di grassi / die);
appare quindi chiaro che in tali soggetti la chetogenica è assolutamente controindicata, almeno fino a quando la chilomicronemia non viene eliminata e, quindi, solo sotto stretta osservazione.
Dieta Chetogenica – Conclusioni
Concludendo, sebbene le a basso contenuto di carboidrati possano essere utilizzate in pratica con una stretta supervisione medica, se questa è la strategia di perdita di peso preferita scelta da un paziente, si raccomanda vivamente la transizione del paziente verso un modello dietetico più sano, che senza dubbio abbraccia le attuali raccomandazioni dietetiche per l’ideale salute cardiometabolica e cardiovascolare. Come discusso in precedenza, gli studi hanno dimostrato che l’adesione a lungo termine ad una chetogenica è una vera e propria sfida e, nel tempo, molte persone tendono a passare a quantità di CHO più alte (130-160 g / d). E’ quindi altamente raccomandato di orientarsi verso una figura professionale che aiuti i soggetti a passare ad un modello alimentare più sano, sostenibile nel tempo e che promuova il mantenimento di un peso corporeo ridotto nel lungo termine.
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