PROTEINE: FUNZIONE, FABBISOGNO E CURIOSITA’

PROTEINE: FUNZIONE, FABBISOGNO E CURIOSITA’

In questo articolo parliamo di proteine, un macronutriente molto importante per il nostro organismo e, a volte, sottovalutato.

In modo particolare andremo a vedere qual è la loro funzione all’interno del nostro organismo, parleremo del loro specifico fabbisogno e vi racconterò di alcune curiosità che le riguardano.

Dieta a Isernia
Dietista e Nutrizionista Valentina Rossi

FUNZIONE DELLE PROTEINE

Le proteine sono delle lunghe catene di amminoacidi legati tra loro con un legame peptidico.

Il loro nome deriva da protos (primario): già da qui possiamo intuire quanto questi macronutrienti svolgano un ruolo essenziale per il nostro organismo.

Generalmente, le proteine vengono sempre associate alla sintesi proteica muscolare, e quindi all’ aumento o mantenimento della massa muscolare.
In realtà le proteine hanno tantissime altre funzioni indispensabili per la nostra sopravvivenza:

  • Funzione di ormoni, in quanto alcuni di essi, come l’insulina, possono essere di natura proteica
  • Funzione enzimatica, ad esempio di enzimi utili per il nostro metabolismo energetico oppure anche enzimi con funzione digestiva. Sia gli enzimi proteolitici, sia quelli utili per digerire gli amidi o i disaccaridi, e sia le lipasi, sono tutte molecole di natura proteica.
  • Funzione di trasporto, in quanto molte molecole che entrano nella cellula lo fanno grazie all’ausilio di componenti proteiche che in alcuni casi “trasportano” la sostanza all’interno della cellula.
  • Funzione strutturale
  • Funzione immunitaria: molte componenti del Sistema Immunitario sono rappresentate proprio da specifiche proteine, senza contare che molte molecole che rappresentano dei segnali per scatenare la risposta infiammatoria e la risposta immunitaria sono, ancora una volta, molecole proteiche.
  • Regolano alcuni geni e quindi hanno un ruolo, anche importante, nell’espressione, nell’attivazione e nella disattivazione di alcuni geni delle nostre cellule del nostro organismo.


Tutto questo semplicemente per dire che non dobbiamo essere riduttivi e pensare che le proteine siano soltanto molecole utili per aumentare la massa muscolare oppure per produrre glucosio attraverso la via biochimica della gluconeogenesi.
Conoscendo questi aspetti per sommi capi possiamo sicuramente comprendere molto meglio cosa succede se vi è un adeguato o un’inadeguato apporto di proteine (e di aminoacidi essenziali) con la dieta.

GIUSTA ASSUNZIONE DI PROTEINE: EFFETTI

proteine

L’adeguata assunzione di proteine agisce principalmente su quattro fenomeni.
Innanzitutto le proteine, come sappiamo, hanno un effetto positivo sulla massa muscolare, sui processi anabolici utili per aumentare l’ipertrofia delle fibre muscolari ma anche, semplicemente, per ridurre il catabolismo proteico muscolare, e quindi preservare la perdita di massa magra (e muscolare) in condizioni e situazioni particolari.


Inoltre, le proteine hanno sicuramente un effetto positivo anche sulla massa ossea: non solo sono una componente fondamentale strutturale delle ossa, ma intervengono in molti modi sul metabolismo osseo e sulla vita, dinamica, dell’osso.
Il principale ruolo positivo dell’apporto proteico sulla massa ossea è proprio data dal loro effetto di aumento e mantenimento della forza e della massa muscolare.


Un altro effetto sicuramente importante che possiamo riscontrare con un adeguato apporto proteico è sicuramente il beneficio che questo apporta sulla capacità dell’organismo di far fronte a lesioni, infezioni, infiammazioni a cui può andare incontro.
Le proteine sono anche molto importanti nella guarigione dalle malattie e dalle infezioni, nella rimarginazione delle ferite e nella sintesi e riparazione dei tessuti lesionati o infiammati. La malnutrizione proteica porta ad una diretta e indiretta riduzione della risposta immunitaria e ad una riduzione generale della sorveglianza dalle malattie. Non a caso, i soggetti malnutriti, soprattutto quando l’apporto proteico è inadeguato, hanno una maggior predisposizione ad infezioni e a malattie non infettive.
Non solo un soggetto con poche proteine (o malnutrito in generale) è un soggetto che si ammala più spesso, ma si ammala anche più gravemente e, soprattutto, è meno in grado di “rispondere” all’insulto patologico, per cui aumenta in maniera consistente la mortalità e le disabilità come conseguenze di alcune patologie.

Infine, un effetto importante delle proteine è quello di aumentare la sensazione di sazietà, e quindi in qualche modo di aumentare la compliance alla dieta di un soggetto che deve seguire una restrizione energetica per i suoi obiettivi di perdita di peso e riduzione del grasso corporeo.

FABBISOGNO PROTEICO

Il fabbisogno proteico per la popolazione generale è di 0,8-1g/kg di peso corporeo.
Per “popolazione generale” intendiamo persone mediamente sedentarie, normopeso, che non hanno alcuna condizioni o necessità particolare, non seguono alcun tipo di dieta particolare e non hanno obiettivi specifici per la composizione corporea.

Ci sono tante condizioni che possono portare ad una variazione del fabbisogno proteico, ma in genere sempre aumentandolo, mai riducendolo al di sotto di 0,8-1g/kg di peso.

In gravidanza, ad esempio, il fabbisogno proteico aumenta, anche se solo di poco (1-1,2g/kg).
Non esagerate con l’apporto proteico in gravidanza, poiché non solo non ha alcun vantaggio, ma ci sono anche alcuni studi che suggeriscono che un eccesso di proteine in gravidanza e/o nei primissimi mesi/anni di vita del bambino possono predisporre all’obesità, in quanto si osserva un “rebound adiposo anticipato”.

Nell’ anziano, il fabbisogno proteico è ancora leggermente aumentato, probabilmente per via dell’abbassamento delle concentrazioni degli ormoni cosiddetti anabolici e per via del fenomeno della “resistenza anabolica”.
Pertanto con l’invecchiamento il soggetto tende ad avere sempre più difficoltà a mantenere e aumentare il muscolo, e sempre più facilmente, invece, lo perde sostituendolo in parte con il grasso, soprattutto in condizioni di sedentarietà (il cosidetto fenomeno della sarcopenia e/o obesità sarcopenica).

Un altro caso in cui si consiglia un aumento del fabbisogno proteico rispetto alle RDA per la popolazione generale è per i soggetti vegani, cioè che assumono solo proteine di origine vegetale.
Sappiamo bene che queste proteine, pur riuscendo a soddisfare tranquillamente i fabbisogni di tutti gli amminoacidi essenziali, sono comunque proteine di più bassa qualità, ma soprattutto di bassa efficienza digestiva, motivo per cui è necessario aumentare l’apporto proteico di circa il 20% per poter compensare queste caratteristiche deficitarie.

Nel caso degli sportivi, in generale, senza entrare nel merito dello sport, del tipo di attività fisica e degli obiettivi specifici, il fabbisogno proteico in genere raddoppia, e si parla di un range che va da 1,4 g/kg a 2g/kg di peso corporeo.
Nel caso, nello specifico questa volta, di soggetti che si allenano contro resistenze e che sono interessati per lo più alla composizione corporea, e che seguono una dieta normo o ipercalorica il fabbisogno sembrerebbe aggirarsi intorno a 1,6g/kg di peso corporeo.

Tuttavia le indicazioni circa l’assunzione proteica giornaliera possono variare, anche di molto, in base al tipo di sport, allo stato nutrizionale e di composizione corporea di partenza del soggetto e in base agli obiettivi a medio-lungo termine che si prefissa.

Parliamo di un apporto molto elevato (2,3 – 3,1 g/kg/die) nel caso di soggetti che vogliono massimizzare il mantenimento della massa magra e che si allenano contro resistenze (con i pesi, ad esempio) durante periodi di dimagrimento (diete ipocaloriche).

Come potete notare, il range è molto ampio, e questo significa 2 cose:
– C’è un’ elevata variabilità, per cui mai ragionare per assoluti, ma appunto solo per concetti e per range indicativi, da personalizzare successivamente
– Il fabbisogno proteico può variare, anche molto, in base allo stato di composizione corporea di partenza del soggetto.
Ad esempio, persone in sovrappeso avranno un fabbisogno proteico più basso, poiché il grasso fa da “protein sparing”, protegge cioè dall’eccessiva perdita di massa muscolare durante la restrizione energetica.
Invece, più il soggetto è muscoloso e presenta una massa grassa molto bassa, e più può essere utile, aumentare l’apporto proteico, per cui magari ci si potrebbe assestare sugli estremi più alti del range (intorno a 3g/kg/die).

Infine, è stato visto che apporti proteici molto ma molto elevati, superiori rispetto anche ad altri fabbisogni per altri sportivi, sono consigliati e raccomandati in individui e atleti impegnati in allenamenti e sport di resistenza.
In questo caso, infatti, non solo si consiglia una grande quantità di carboidrati, ma anche una grande quantità di proteine ogni giorno (un apporto proteico maggiore di 3 g/kg).

APPORTI MAGGIORI DI PROTEINE CHE EFFETTI HANNO?

0,8g/kg/die è solo la quantità sicura per mantenere in salute e non indurre carenza proteica in soggetti adulti sani non sportivi.
Come abbiamo visto, diverse patologie e diverse condizioni fisiologiche (gravidanza, allattamento, crescita, aumento di massa muscolare) necessitano di quantità proteiche maggiori.

Inoltre, l’aumento dell’apporto proteico al di sopra dei livelli minimi suggeriti dal RDA è fortemente suggerito, soprattutto negli sportivi, per:

1. Preservare o aumentare la massa muscolare.
2. Tenere alto il metabolismo, perché le proteine hanno un’azione termogenetica maggiore rispetto a carboidrati e grassi.
3. Avere un miglior controllo glicemico e una miglior sensibilità insulinica, che è anche un effetto indiretto dovuto al mantenimento e all’ aumento della massa muscolare, in quanto il tessuto muscolo scheletrico ha un ruolo, anche molto importante, nella regolazione del metabolismo e nel controllo della glicemia.
4. Aumentare la sintesi muscolare dei mitocondri.
5. Preservare o migliorare la salute dell’osso.
6. Aumentare la compliance alla dieta per aumento del potere saziante della dieta.

Insomma, dalla mia esperienza circa l’80-90% delle persone che vogliono migliorare la loro composizione corporea risolverebbe la maggior parte dei problemi semplicemente aumentando l’apporto proteico, in quanto noto che troppo spesso è troppo basso (intorno al grammo per chilo di peso corporeo).
Chiaramente parlo solo dell’intervento principale dal punto di vista alimentare, perché è chiaro che poi l’allenamento e quindi la stimolazione attiva, meccanica, del tessuto muscolare è di fondamentale importanza.

MANGIANDO PIU’ PROTEINE SI DIMAGRISCE PIU’ VELOCEMENTE?

In ambito clinico, nei soggetti obesi o obesi gravi, si utilizzano diete a bassissimo apporto calorico (600-800 kcal/die) ma iperproteiche.
Il motivo è molto semplice: se noi instauriamo un deficit energetico così forte e tassante sull’ organismo, è importante che preserviamo il più possibile la massa muscolare e anche l’azione delle altre proteine (ricordiamo la relazione tra proteine e sistema immunitario, ad esempio). Inoltre, non dimentichiamoci che:
-Una dieta iperproteica può aiutare a sopprimere la fame.
-Le proteine hanno un maggior effetto termogenico.

Il punto è che le proteine non fanno dimagrire per motivi particolari, e assolutamente non fanno dimagrire se non si segue una dieta ipocalorica.
Il vantaggio delle proteine è che aiutano appunto a creare il deficit energetico, perché sopprimono la fame e quindi aumentano la compliance alla dieta, aiutando il soggetto a mangiare meno, e infine, ma questa è probabilmente una speculazione che nel mondo reale è trascurabile, perchè hanno un effetto termogenico maggiore, per cui aumentano, anche se solo leggermente, il TDEE del soggetto.

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valentina.rossi91.dietista@gmail.com

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ALLERGIE E INTOLLERANZE ALIMENTARI

ALLERGIE E INTOLLERANZE ALIMENTARI

Intolleranza alimentari vs Allergie

Anche se spesso si tende a confonderle, allergie e intolleranze alimentari appartengono a due mondi completamente diversi.

Dieta a Isernia
Dietista e Nutrizionista Valentina Rossi

La maggior parte delle persone non ha un’idea chiara a riguardo, perchè a volte possono riguardare gli stessi alimenti e, ancor di più, si è creato tutto un business a riguardo che confonde ancor più le idee.

Dopo questa lettura, ti sarà tutto più chiaro.

REAZIONI AVVERSE AGLI ALIMENTI

Iniziamo col dire che allergie e intolleranze alimentari sono sottogruppi di una famiglia ben più grande, quella delle reazioni avverse agli alimenti.

allergie e intolleranze alimentari

La definizione di “reazione avversa a un alimento” comprende ogni manifestazione indesiderata e imprevista conseguente all’assunzione di un alimento. La classificazione attualmente in uso, condivisa a livello internazionale, suddivide tali reazioni sulla base dei differenti meccanismi patologici che le determinano.

Tra le reazioni avverse ad alimenti, Allergia e Intolleranza alimentare sono le più frequenti.

ALLERGIA ALIMENTARE

L’Allergia Alimentare è una reazione avversa agli alimenti causata da un’ anomala reazione del sistema immunitario mediata da anticorpi della classe IgE, che reagiscono verso componenti alimentari di natura proteica. Può manifestarsi già in età pediatrica, oppure insorgere in età adulta: nel primo caso spesso regredisce (come ad esempio nel caso di latte e uovo), mentre se comparsa successivamente tende a persistere per tutta la vita.

L’allergia può presentarsi con un ampio spettro di manifestazioni cliniche che spaziano da sintomi lievi fino allo shock anafilattico, potenzialmente fatale. Segni e sintomi compaiono a breve distanza dall’assunzione dell’alimento (da pochi minuti a poche ore) e sono tanto più gravi quanto più precocemente insorgono.

Nella figura in basso, possiamo vedere gli alimenti che contengono circa il 90% degli allergeni alimentari. Crostacei, arachidi, frutta a guscio, uova, latte vaccino, pesci e soia sono i più comuni.

La diagnosi è un percorso complesso che richiede una figura specialistica, Allergologo o Pediatra Allergologo, con specifiche competenze nel settore. L’avvio di tale percorso è affidato al Medico di Medicina Generale o al Pediatra di Libera Scelta, che rivestono pertanto un ruolo di primaria importanza nel riconoscimento del paziente da indirizzare verso un iter diagnostico più approfondito. In questo primo approccio la raccolta dell’anamnesi è fondamentale, soprattutto per identificare una correlazione fra l’ingestione dell’alimento e la comparsa dei sintomi.

I successivi step della diagnostica allergologica, a gestione specialistica, possono articolarsi su tre livelli successivi, indicativamente sintetizzati dal flow chart in basso.

E’ bene precisare che diverse variabili, tra cui il tipo di storia clinica, la natura dell’allergene e soprattutto l’età e il profilo del paziente, concorrono alla scelta dell’iter diagnostico più corretto, la cui definizione richiede pertanto una specifica esperienza nel settore.

Solo dopo che è stata effettuata una diagnosi di certezza di allergia alimentare è opportuno escludere dalla dieta uno o più alimenti.

INTOLLERANZE ALIMENTARI

Le intolleranze alimentari provocano sintomi spesso simili a quelli delle allergie, ma non sono dovute a una reazione del sistema immunitario, e variano in relazione alla quantità ingerita dell’alimento non tollerato.

Una dieta scorretta o alterazioni gastrointestinali come sindrome da intestino irritabile, gastrite, reflusso gastroesofageo, diverticolite, calcolosi colecistica determinano una sintomatologia attribuita, spesso erroneamente, all’intolleranza alimentare.

Le intolleranze alimentari non immunomediate sono spesso secondarie quindi ad altre condizioni internistiche la cui ricerca è il vero momento diagnostico: le intolleranze alimentari si suddividono in intolleranze da difetti enzimatici, da sostanze farmacologicamente attive e da meccanismi sconosciuti come le intolleranze da additivi.

L’intolleranza al lattosio, la più diffusa, è causata dalla mancanza di un enzima chiamato Lattasi, che consente la digestione del lattosio, uno zucchero contenuto nel latte, scindendolo in glucosio e galattosio. Interessa circa il 3-5% di tutti i bambini di età inferiore ai 2 anni. Nel periodo dell’allattamento i casi di intolleranza sono quasi sempre secondari a patologie intestinali e si manifestano con diarrea, flatulenza e dolori addominali.

L’intolleranza al lattosio può manifestarsi anche nell’individuo, ed è dovuta principalmente al cambiamento delle abitudini alimentari e alla diminuzione dell’attività lattasica. Non tutti i soggetti con deficit di lattasi avvertono sintomi quando assumono un alimento contenente lattosio, perché esistono diversi gradi di deficit dell’enzima specifico. E’ stato inoltre dimostrato che la presenza e disponibilità della lattasi aumenta in relazione alla quantità di latte consumato: se hai consumato una certa quantità di latte per un periodo di tempo prolungato, il tuo enzima sarà certamente disponibile e ben attivo, dunque difficilmente avrai un’intolleranza al lattosio.

Le intolleranze farmacologiche sono determinate dall’effetto farmacologico di sostanze contenute in alcuni alimenti, quali l’Istamina (vino, spinaci, pomodori, alimenti in scatola, sardine, filetti d’acciuga, formaggi stagionati), la Tiramina (formaggi stagionati, vino, birra, lievito di birra, aringa), la Caffeina, l’Alcool, la Solanina (patate), la Teobromina (tè, cioccolato), la Triptamina (pomodori, prugne), la Feniletilamina (cioccolato), la Serotonina (banane, pomodori).

Mirtilli, albicocche, banane, mele, prugne, patate, piselli, possono contenere sostanze con un’azione simile a quelle dell’acido acetilsalicilico e quindi essere responsabili di reazioni pseudo-allergiche. La loro effettiva importanza clinica è probabilmente sovrastimata.

Le intolleranze da meccanismi non definiti riguardano reazioni avverse provocate da additivi quali nitriti, benzoati, solfiti, per i quali non è stato ancora possibile dimostrare scientificamente un meccanismo immunologico. La loro effettiva importanza clinica va attentamente valutata, con diete di esclusione e reintroduzione, prima della prescrizione di una dieta definitiva di eliminazione.

Le intolleranze alimentari si presentano principalmente con sintomi localizzati all’apparato gastro-intestinale, ma possono coinvolgere anche la cute e più raramente altri apparati.

intolleranze alimentari

Come detto in precedenza, le intolleranze alimentari possono manifestarsi con sintomi in parte sovrapponibili a quelli dell’Allergia; un’attenta anamnesi riveste quindi un ruolo fondamentale nel primo approccio al paziente.

L’esclusione di allergie alimentari è il primo evento diagnostico, cui segue la necessità di valutare se presenti condizioni internistiche che possono essere accompagnate dalle intolleranze alimentari non immunomediate.

Per quanto riguarda le intolleranze da difetti enzimatici e quindi l’intolleranza al Lattosio, la diagnosi si può effettuare facilmente con il Breath Test specifico, che valuta nell’aria espirata i metaboliti non metabolizzati e assorbiti.

La diagnosi di intolleranza farmacologica è essenzialmente anamnestica, mentre per le intolleranze da meccanismi non definiti può essere utile il Test di Provocazione, cioè la somministrazione dell’additivo sospettato (nitriti, benzoati, solfiti ecc).

In sintesi l’iter diagnostico di un paziente con sospetta intolleranza alimentare dovrebbe prevedere un approccio multidisciplinare che coinvolga step by step lo specialista allergologo, gastroenterologo, per escludere patologie gastrointestinali, ed eventualmente dietologico, per la correzione delle abitudini dietetiche.

Gli unici test utili nell’accertamento di una intolleranza sono: · Breath Test per glucosio o lattulosio per valutazione della SIBO (e prima del breath test lattosio), e Breath Test per lattosio per valutare intolleranza a lattosio.

Il famoso test delle intolleranze non è scientificamente valido, perchè non è stato dimostrato da nessuno studio scientifico che si può essere intolleranti ad un alimento!

E perchè allora lo fanno nelle farmacie e nei laboratori di analisi?”

Anche io me lo chiedo, ma la risposta viene da se.

La cosa più importante che mi preme dire però è che non esistono intolleranze verso un alimento, ma solo verso una sostanza. Ad esempio, come abbiamo visto, non esiste l’intolleranza al latte o intolleranza alla pasta o alla carne di vitello.

Esiste tuttavia l’intolleranza a qualche sostanza contenuta in questi alimenti. Per l’appunto, possono essere definite vere intolleranze quella al lattosio, quella al fruttosio, o l’intolleranza al glutine (di cui parlerò in un articolo a parte) . I test per questo tipo di intolleranze si fanno infatti in ospedale e sono specifici.

LE INTOLLERANZE FANNO INGRASSARE?

Risposta secca e incisiva.

Se avessi una vera e propria intolleranza grave, con compromissione dei villi intestinali e conseguente malassorbimento, questo ti porterebbe in realtà a dimagrire, non certo ad ingrassare.

Lo vedremo meglio quando parleremo di celiachia ed intolleranza al glutine.

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valentina.rossi91.dietista@gmail.com

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FONTE: https://www.siaip.it/upload/1985_Documento_Alimentazione_e_stili_di_vita_.pdf