Binge eating: cos’è?
Nel 1994, il Binge Eating Disorder (BED) è stato introdotto per la prima volta come categoria di disturbo che richiedeva maggiori studi nel DSM-IV, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, prevalentemente per la sua difficile collocazione tra una patologia prettamente mentale ed una medica.
Essendo stato associato a livelli clinici di psicopatologia dei disturbi alimentari e, soprattutto, essendo stato riconosciuto indipendente dall’esistenza di concomitante obesità, con la pubblicazione del DSM-5, quella del Binge Eating Disorder è diventata una diagnosi distinta nella sezione dei disturbi alimentari.
Secondo i criteri del DSM-5, il Binge Eating Disorder è definito da episodi di abbuffata durante i quali vengono consumate grandi quantità di cibo in un determinato periodo di tempo. Allo stesso tempo, l’individuo sperimenta una perdita di controllo sulla quantità e qualità del cibo e sulla capacità di porre fine all’abbuffata.
Ulteriori criteri del Binge Eating Disorder
Ulteriori criteri del Binge Eating Disorde includono:
- mangiare rapidamente
- mangiare fino a sentirsi a disagio
- mangiare da solo
- disgusto o senso di colpa verso se stessi e il proprio corpo
- vergognandosi e mangiando senza essere affamato.
Binge Eating e diagnosi
Per la diagnosi è necessario un episodio di abbuffata alla settimana per almeno tre mesi e il numero di episodi di abbuffate settimanali viene utilizzato per specificare la gravità. A differenza di altri disturbi come la Bulimia Nervosa (BN) o il sottotipo di abbuffata/compensazione di Anoressia Nervosa (AN), il BED non comprende comportamenti compensatori come vomito, sport eccessivo o abuso di lassativi. Inoltre, a differenza dell’anoressia e della bulimia, i criteri per il BED non contengono un criterio relativo all’immagine corporea, come una preoccupazione eccessiva per peso e forma o un’indebita influenza dell’immagine del proprio corpo sull’autostima.
Il BED è abbastanza comune ed è associato ad un elevato carico psicologico.
Una frequente comorbilità del BED è l’obesità con malattie associate, come la sindrome metabolica e il diabete di tipo 2. Per quanto riguarda la comorbidità mentale, circa il 70-79% dei pazienti affetti da LETTO soddisfa i criteri per altri disturbi mentali come disturbi affettivi e disturbi d’ansia.
OLTRE LE DEFINIZIONI
I soggetti affetti da BED sono raramente riconosciuti come tali: vengono erroneamente confusi con le altre persone sovrappeso o obese, o peggio con quelle bulimiche.
La differenza sostanziale sta nel fatto che, come detto in precedenza, mentre nella bulimia nervosa le abbuffate sono precedute e seguite da comportamenti dietetici restrittivi, nel Binge Eating Disorder non si assiste a una riduzione dell’introito calorico al di fuori delle abbuffate. Infatti, se confrontati con obesi senza questo disturbo, quelli con BED mangiano di più sia durante che fuori pasto e presentano livelli inferiori di restrizione alimentare.
Questo dato va riconciliato al fatto che i soggetti con BED presentano una storia clinica caratterizzata da un elevato numero di diete: in questo disturbo possono alternarsi periodi di dieta e lunghi periodi in cui le abbuffate non sono associate a nessun tipo di restrizione alimentare.
Le fasi di dieta potrebbero rappresentare il tentativo di recuperare il controllo sull’alimentazione e sul peso, il quale di norma è completamente perduto durante i periodi di abbuffate. Studi di laboratorio hanno dimostrato che la tendenza ad abbuffarsi è una conseguenza abituale di periodi di restrizione dietetica prolungata (Garner e Wooley, 1991). Gli individui pretendono di controllare le abbuffate con la dieta, senza rendersi conto che queste possono essere causate in primo luogo proprio dalle restrizioni dietetiche stesse.
Nella bulimia nervosa la dieta è fortemente implicata nello sviluppo delle abbuffate; infatti, in questo disturbo, la restrizione alimentare precede quasi sempre le abbuffate. Nel Binge Eating Disorder, invece, sembra che più della metà dei soggetti abbia abbuffate prima di avere iniziato una qualsiasi dieta (Santonastaso et al., 1999).
Sembra che il disturbo possa essere, quindi, concettualizzato come una “sindrome di discontrollo” (Freeman e Gil, 2004) generale nei confronti dell’alimentazione con associata una psicopatologia specifica dei disturbi dell’alimentazione in individui che sono vulnerabili all’obesità e/o alla depressione.
La maggior parte dei soggetti con Binge Eating Disorder è sovrappeso o obeso ed esiste una forte associazione tra il disturbo e l’obesità. L’obesità, a sua volta, provoca numerose complicazioni mediche.
Le persone con binge soffrono di una dipendenza alimentare psicologica. Spesso le loro abbuffate sono innescate da un umore depresso o ansioso, ma possono abbuffarsi anche quando sono tesi, annoiati o soli. Purtroppo, l’aumento di peso rafforza solamente l’alimentazione compulsiva. Peggio si sentono a proposito di loro stessi e della loro apparenza, tanto più impiegano il cibo per farvi fronte (Napolitano et al. 2001). Diventa perciò un circolo vizioso: mangiare per sentirsi meglio, sentendosi peggio, e poi tornando indietro al cibo per risollevarsi. Le persone con BED provano inoltre imbarazzo e vergogna per le proprie abitudini alimentari, allora spesso provano a nascondere i loro sintomi e a mangiare in segreto.
Tra i principali sintomi comportamentali troviamo:
- Incapacità di smettere di mangiare o controllare cosa si sta mangiando
- Mangiare rapidamente grandi quantità di cibo
- Mangiare anche quando si è pieni
- Nascondere il cibo per mangiarlo successivamente in segreto
- Mangiare normalmente con gli altri, ma rimpinzarsi quando si è da soli
- Mangiare continuamente durante il giorno, senza pasti programmati
Tra i principali sintomi emozionali:
- Sensazione di tensione sostituita solamente dal mangiare
- Imbarazzo su quanto si sta mangiando
- Sensazione di intorpidimento durante l’abbuffata – come se non si esistesse o si fosse in “pilota automatico”
- Non sentirsi mai soddisfatti, a prescindere da quanto si mangia
- Sentirsi colpevoli, disgustati o depressi dopo l’abbuffata
- Disperazione per il controllo del peso e le abitudini alimentari
È presente un vero e proprio blocco delle emozioni: le abbuffate allontanano da stati emotivi intollerabili come l’ansia o la rabbia. Il soggetto percepisce solo gli aspetti positivi del cibo introdotto a breve termine e non gli effetti negativi a lungo termine (si concentra sull’immediato e non sugli effetti successivi). Durante le abbuffate è, inoltre, possibile rintracciare una sorta di evoluzione emozionale ciclica: l’iniziale condizione di disagio cede per poco tempo il posto a sensazioni gratificanti legate al gusto del cibo e al senso di pienezza, ben presto sostituite da spossatezza, fastidio fisico e peggioramento del tono dell’umore (Stein et al., 2007).
ORGANIZZAZIONE PSICOLOGICA E CARATTERISTICHE EMOTIVE DEI BINGERS
L’organizzazione psicologica dei soggetti con Binge Eating Disorder è complessa:
- Hanno una visione di sé che oscilla tra il massimo della stima nelle proprie capacità e la critica più feroce
- Sono dominati dalla paura ossessiva di delusioni
- Posseggono un’estrema vulnerabilità alla critica
- Sono dominati dal terrore di deludere gli altri e di essere delusi
- Presentano una personalità fragile, incapace di gestire le frustrazioni
- Hanno la tendenza ad evitare la realtà e a rifugiarsi in fantasie irrealizzabili
- L’aspetto fisico è inconsciamente una difesa e un luogo in cui rifugiarsi
Ingrassando, infatti, si limita il giudizio degli altri al solo corpo senza mostrare i propri sentimenti e valori più personali.
Presentano, inoltre, i caratteri comuni alle persone affette da disturbi alimentari
- Paura di perdere il controllo
- Paura di diventare grassi
- Difficoltà nelle relazioni interpersonali
- Bassi livelli di autostima
- Bassa tolleranza alla frustrazione
- Presenza di emozioni secondarie (quali senso di colpa e vergogna)
- Preoccupazione per il cibo e per il proprio peso
Il disturbo inizia, in particolare, dopo eventi stressanti minaccianti l’autostima, come: fallimenti scolastici, problemi sentimentali o sessuali, commenti negativi sull’aspetto fisico, difficoltà interpersonali. Alcuni soggetti “pianificano” le loro abbuffate: acquistano il cibo, lo nascondono, poi lo consumano da soli, spesso senza neppure masticarlo, fino ad essere completamente pieni. Le abbuffate, soprattutto nei primi momenti possono essere piacevoli, in quanto sono in grado di allentare momentaneamente la tensione del dover seguire rigorosamente una dieta ferrea. Questa sensazione inizialmente piacevole viene, però, spesso utilizzata per “bloccare” altre emozioni negative: tristezza, solitudine, frustrazioni, ecc.
Così come già visto in precedenza, tale comportamento dà origine a un circolo vizioso:
- se la persona continua a bloccare le sue emozioni col cibo non risolve mai i suoi problemi di fondo
- le emozioni negative si riprodurranno all’infinito e favoriranno nuove abbuffate
- le abbuffate, passati i primi momenti piacevoli, determineranno altre emozioni negative quali senso di colpa, crollo dell’autostima, disgusto che a loro volta faciliteranno nuove abbuffate
La dieta in questi soggetti risulta totalmente inefficace, in quanto sono le variazioni emotive a dare il via alla crisi alimentare. La persona vorrebbe essere aiutata a cambiare ma ha una paura terribile del cambiamento. Teme che se abbandonerà il suo disturbo (diventato un “rituale”) si ritroverà ancor più indifesa.
Frequentemente le abbuffate sono la risposta al disagio provocato dal sentirsi soli o abbandonati, dal pensare di non avere valore per gli altri a causa del proprio senso di inadeguatezza e alla scarsa autostima (inutilità a condividere le proprie sofferenze con gli altri).
Questi individui tendono a sottovalutare gli effetti negativi a lungo termine dei loro comportamenti (convinzione dell’inevitabilità del proprio stato e incapacità di avere altre gioie se non quelle del cibo). Per alcuni bingers il cibo è effettivamente un equivalente affettivo, per altri è un’autopunizione per non essere riusciti a raggiungere i propri obiettivi.
Inoltre, questi soggetti soffrono di alti standard e di alte aspettative, in special modo hanno una sensibilità maggiore rispetto alle richieste degli altri. Quando falliscono alcuni di questi standard, essi sviluppano un elevato pattern avversivo di autoconsapevolezza, caratterizzato da una visione negativa di sé e preoccupazione per come sono percepiti dagli altri. Queste autopercezioni sono accompagnate da stress emotivo, che include spesso l’ansia e la depressione.
A volte l’obesità può fungere da capro espiatorio per le proprie difficoltà relazionali e spostare il focus del problema dalla bassa autostima e/o dalle problematiche sessuali al sovrappeso.
Se il controllo è il tema dominante nell’anoressia e nella bulimia, nei bingers prevale invece il senso di inadeguatezza: si percepiscono deboli, in balia della volontà altrui. In questi individui le convinzioni di non valere sono molto forti, sostenute da dati percettivi (quali la bilancia e lo specchio) e anche dalla gente stessa.
Il sé è profondamente “eterodefinito”: il soggetto si specchia nello sguardo degli altri per confermare il proprio valore e la disapprovazione genera un profondo disorientamento, ma il bisogno di approvazione si scontra col timore di essere invaso (Guidano, 1987). Le alternative che ha sono: adeguarsi per essere accettato, ma non potersi affermare, oppure opporsi, affermarsi, ma non essere accettato.
Il corpo è percepito in modo diverso: nell’anoressia è un nemico da combattere, nella bulimia uno strumento di seduzione, mentre nel Binge Eating Disorder è vissuto come sgradevole appendice al proprio Sé. Dal corpo provengono soltanto sensazioni negative e impellenti richieste di cibo. Anche lo stesso piacere del cibo (l’unico che si permettono) si trasforma molto presto in senso di colpa.
Il binge eating diventa una strategia, seppure disfunzionale, per modulare il versante emotivo tramite l’incapacità di autoregolarsi sul versante comportamentale. La problematica nasce dal fatto che gli eventi che il soggetto cerca di controllare mantengono inalterato il loro potere. Il rapporto col cibo perde la sua funzione di necessità per divenire metafora del rapporto con se stessi e con gli altri.
Per questi pazienti, non è sufficiente il solo intervento nutrizionale o chirurgico: diventa infatti indispensabile una psicoterapia ad orientamento prevalentemente cognitivo comportamentale o un percorso di educazione terapeutica per affrontare il delicato tema delle emozioni che questi pazienti in genere non riescono a gestire. Per loro il cibo è spesso l’unico modo per stare bene ma al tempo stesso una trappola. Nel tempo le abbuffate diventano sempre di più un’abitudine, ma come disse Samuel Johnson “le catene dell’abitudine sono troppo leggere per essere avvertite finché diventano troppo pesanti per poter essere spezzate”.
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